Ipotesi di concorso esterno. I magistrati indagano anche sul presunto ruolo dei suoi giornali per favorire Cosa Nostra
Concorso esterno in associazione mafiosa. È questa l’ipotesi di reato con la quale la Procura distrettuale antimafia di Catania ha iscritto nel registro degli indagati l’editore catanese Mario Ciancio Sanfilippo.
Dall’edilizia all’agricoltura. Ex presidente della Fieg, vicepresidente dell’Ansa, editore-direttore del quotidiano La Sicilia, Ciancio è forse l’uomo più potente della Sicilia. Ha interessi in vari settori: dall’edilizia alla grande distribuzione all’agricoltura, ma soprattutto Mario Ciancio controlla, in regime pressoché di monopolio, il sistema dell’informazione in Sicilia. Detiene quote del Giornale di Sicilia e della Gazzetta del Sud, tramite i suoi familiari controlla le principali emittenti televisive regionali e possiede la Gazzetta del Mezzogiorno. Possiede anche un grande centro tipografico dove vengono stampati i maggiori quotidiani italiani. La Procura sta rileggendo vecchie carte processuali che si intrecciano con nuovi elementi. A partire dai presunti rapporti tra Ciancio e il boss Pippo Ercolano, uno dei capi storici di Cosa Nostra che – secondo quanto risulta dall’ordinanza del maxi-processo Orsa Maggiore – pretese e ottenne che Ciancio “mettesse a posto” in sua presenza un giovane cronista de La Sicilia che aveva osato definirlo “boss mafioso”. Di questa vicenda avrebbe parlato ai magistrati anche il pentito Angelo Siino, l’uomo che, per i corleonesi, ha sempre gestito i rapporti col mondo dell’imprenditoria.
Siino, ascoltato lo scorso agosto, avrebbe fornito una sorta di backstage dell’episodio già noto, raccontando che Ercolano era furibondo per l’articolo e voleva la testa dell’incauto cronista. Siino – secondo quanto ha riferito ai magistrati – sarebbe stato incaricato dai reggenti della famiglia catanese, di calmarlo e accompagnarlo al giornale per evitare che facesse pazzie. Il collaboratore avrebbe riferito di aver effettivamente accompagnato Ercolano in redazione, dove il boss avrebbe redarguito e minacciato i giornalisti presenti. Siino non parla però dell’incontro tra Ercolano e Ciancio, che potrebbe però essere avvenuto dopo, come atto di riparazione.
“A disposizionedell’organizzazione”. Il collaboratore riferisce nei dettagli dell’imbarazzo di Cosa Nostra di fronte al comportamento di Ercolano. Il boss, cognato di Santapaola, col suo comportamento – secondo quanto avrebbe riferito Siino ai magistrati – avrebbe gravemente mancato di rispetto nei confronti di Ciancio che, sempre secondo il racconto di Angelo Siino, ancora tutto da riscontrare, era a disposizione dell’organizzazione. Per questo, avrebbe detto Siino, Ercolano sarebbe stato pesantemente punito da Santapaola che lo avrebbe “posato”, cioè lo avrebbe temporaneamente estromesso dai vertici dell’organizzazione. All’attenzione della Dda anche l’articolo, senza alcun accento critico, da La Sicilia sulla nomina del nipote (incensurato) del boss Ercolano alla guida della sezione catanese della Federazione autotrasportatori. Nessuna critica e nessun commento anche il 9 ottobre del 2008 quando La Sicilia pubblicava la lettera, scritta dal 41 bis da Vincenzo Santapaola, figlio del boss Nitto Santapaola.
Nei faldoni raccolti dai magistrati c’è anche il racconto di Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito condannato per mafia. Ciancimino avrebbe parlato dei retroscena dell’ingresso di Mario Ciancio nel pacchetto azionario del Giornale di Sicilia, “benedetto” – a dire di Ciancimino Jr – da don Vito in persona che avrebbe avuto il via libera da Bernardo Provenzano. I magistrati stanno rileggendo anche altri vecchi episodi come il presunto tentativo de La Sicilia di screditare il pentito Maurizio Avola riguardo al delitto Fava. Tra gli episodi confluiti nell’inchiesta ci sarebbe anche l’interrogatorio del pentito Giuseppe Catalano che parla della restituzione della refurtiva di un furto subito da Ciancio imposta ai ladri – secondo il collaboratore – dal mafioso Aldo Ercolano, “perché Ciancio era un amico della famiglia Santapaola”.
Autogrille autorizzazioni. All’iscrizione di Ciancio si arriva nel marzo 2009, dopo una lunga indagine partita da un’inchiesta messinese. Il 30 marzo del 2001 un indagato per mafia dialogava con un presunto intermediario del gruppo Rinascente alla ricerca di nuovi affari in Sicilia, che “riferiva – si legge nell’ordinanza – di essere stato il giorno prima con Ciancio, il quale gli aveva fatto vedere due terreni, uno vicino all’aeroporto di 300 mila metri quadrati e l’altro, sempre della stessa dimensione, dove c’è l’autogrill. Mario Ciancio – secondo le indagini – avrebbe “garantito per tutte le autorizzazioni possibili e immaginabili, senza pretendere una lira fino all’inizio dei lavori”. Nel 2005 grazie ad una variante al piano regolatore generale su uno dei terreni di Ciancio, vicino all’aeroporto, è stato possibile realizzare un nuovo centro commerciale oggi gestito proprio dal gruppo Auchan-La Rinascente. Tra i soci della società che ha realizzato il centro commerciale il fratello del senatore azzurro Carlo Vizzini, e il figlio (incensurato) dell’ex parlamentare di Forza Italia Tommaso Mercadante, considerato uno degli uomini più vicini a Bernardo Provenzano. I lavori di movimento terra in questo cantiere sono stati eseguiti dalla ditta dei fratelli Basilotta, uno dei quali è condannato in primo grado per associazione mafiosa. Nel marzo 2009 l’inchiesta “I Vicerè”, di Sigfrido Ranucci per Report, parlò di molte di queste vicende. Ciancio citò in giudizio Report proprio per alcuni fatti che oggi sono nell’inchiesta non dei giornalisti, ma della Procura.
di Domenico Valter Rizzo e Antonio Condorelli
Dall’edilizia all’agricoltura. Ex presidente della Fieg, vicepresidente dell’Ansa, editore-direttore del quotidiano La Sicilia, Ciancio è forse l’uomo più potente della Sicilia. Ha interessi in vari settori: dall’edilizia alla grande distribuzione all’agricoltura, ma soprattutto Mario Ciancio controlla, in regime pressoché di monopolio, il sistema dell’informazione in Sicilia. Detiene quote del Giornale di Sicilia e della Gazzetta del Sud, tramite i suoi familiari controlla le principali emittenti televisive regionali e possiede la Gazzetta del Mezzogiorno. Possiede anche un grande centro tipografico dove vengono stampati i maggiori quotidiani italiani. La Procura sta rileggendo vecchie carte processuali che si intrecciano con nuovi elementi. A partire dai presunti rapporti tra Ciancio e il boss Pippo Ercolano, uno dei capi storici di Cosa Nostra che – secondo quanto risulta dall’ordinanza del maxi-processo Orsa Maggiore – pretese e ottenne che Ciancio “mettesse a posto” in sua presenza un giovane cronista de La Sicilia che aveva osato definirlo “boss mafioso”. Di questa vicenda avrebbe parlato ai magistrati anche il pentito Angelo Siino, l’uomo che, per i corleonesi, ha sempre gestito i rapporti col mondo dell’imprenditoria.
Siino, ascoltato lo scorso agosto, avrebbe fornito una sorta di backstage dell’episodio già noto, raccontando che Ercolano era furibondo per l’articolo e voleva la testa dell’incauto cronista. Siino – secondo quanto ha riferito ai magistrati – sarebbe stato incaricato dai reggenti della famiglia catanese, di calmarlo e accompagnarlo al giornale per evitare che facesse pazzie. Il collaboratore avrebbe riferito di aver effettivamente accompagnato Ercolano in redazione, dove il boss avrebbe redarguito e minacciato i giornalisti presenti. Siino non parla però dell’incontro tra Ercolano e Ciancio, che potrebbe però essere avvenuto dopo, come atto di riparazione.
“A disposizionedell’organizzazione”. Il collaboratore riferisce nei dettagli dell’imbarazzo di Cosa Nostra di fronte al comportamento di Ercolano. Il boss, cognato di Santapaola, col suo comportamento – secondo quanto avrebbe riferito Siino ai magistrati – avrebbe gravemente mancato di rispetto nei confronti di Ciancio che, sempre secondo il racconto di Angelo Siino, ancora tutto da riscontrare, era a disposizione dell’organizzazione. Per questo, avrebbe detto Siino, Ercolano sarebbe stato pesantemente punito da Santapaola che lo avrebbe “posato”, cioè lo avrebbe temporaneamente estromesso dai vertici dell’organizzazione. All’attenzione della Dda anche l’articolo, senza alcun accento critico, da La Sicilia sulla nomina del nipote (incensurato) del boss Ercolano alla guida della sezione catanese della Federazione autotrasportatori. Nessuna critica e nessun commento anche il 9 ottobre del 2008 quando La Sicilia pubblicava la lettera, scritta dal 41 bis da Vincenzo Santapaola, figlio del boss Nitto Santapaola.
Nei faldoni raccolti dai magistrati c’è anche il racconto di Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito condannato per mafia. Ciancimino avrebbe parlato dei retroscena dell’ingresso di Mario Ciancio nel pacchetto azionario del Giornale di Sicilia, “benedetto” – a dire di Ciancimino Jr – da don Vito in persona che avrebbe avuto il via libera da Bernardo Provenzano. I magistrati stanno rileggendo anche altri vecchi episodi come il presunto tentativo de La Sicilia di screditare il pentito Maurizio Avola riguardo al delitto Fava. Tra gli episodi confluiti nell’inchiesta ci sarebbe anche l’interrogatorio del pentito Giuseppe Catalano che parla della restituzione della refurtiva di un furto subito da Ciancio imposta ai ladri – secondo il collaboratore – dal mafioso Aldo Ercolano, “perché Ciancio era un amico della famiglia Santapaola”.
Autogrille autorizzazioni. All’iscrizione di Ciancio si arriva nel marzo 2009, dopo una lunga indagine partita da un’inchiesta messinese. Il 30 marzo del 2001 un indagato per mafia dialogava con un presunto intermediario del gruppo Rinascente alla ricerca di nuovi affari in Sicilia, che “riferiva – si legge nell’ordinanza – di essere stato il giorno prima con Ciancio, il quale gli aveva fatto vedere due terreni, uno vicino all’aeroporto di 300 mila metri quadrati e l’altro, sempre della stessa dimensione, dove c’è l’autogrill. Mario Ciancio – secondo le indagini – avrebbe “garantito per tutte le autorizzazioni possibili e immaginabili, senza pretendere una lira fino all’inizio dei lavori”. Nel 2005 grazie ad una variante al piano regolatore generale su uno dei terreni di Ciancio, vicino all’aeroporto, è stato possibile realizzare un nuovo centro commerciale oggi gestito proprio dal gruppo Auchan-La Rinascente. Tra i soci della società che ha realizzato il centro commerciale il fratello del senatore azzurro Carlo Vizzini, e il figlio (incensurato) dell’ex parlamentare di Forza Italia Tommaso Mercadante, considerato uno degli uomini più vicini a Bernardo Provenzano. I lavori di movimento terra in questo cantiere sono stati eseguiti dalla ditta dei fratelli Basilotta, uno dei quali è condannato in primo grado per associazione mafiosa. Nel marzo 2009 l’inchiesta “I Vicerè”, di Sigfrido Ranucci per Report, parlò di molte di queste vicende. Ciancio citò in giudizio Report proprio per alcuni fatti che oggi sono nell’inchiesta non dei giornalisti, ma della Procura.
di Domenico Valter Rizzo e Antonio Condorelli
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