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giovedì 2 dicembre 2010

Ricordando Felicia



Il 7 dicembre ricorre il sesto anniversario della morte di Felicia Bartolotta Impastato, madre di Peppino. Per ricordare la storia, il ruolo di questa donna e il suo contributo per una Sicilia migliore, l’Associazione Culturale Peppino Impastato ha organizzato a Cinisi, alle ore 17, presso l’Auditorium della Scuola Media (intestato a Peppino) un programma di iniziative.

Sarà presentata la seconda edizione del libro “Felicia”, curato da Salvo Vitale e Guido Orlando, edito da Navarra (Palermo). Seguirà un recital di poesie su Felicia lette da alcuni alunni della Scuola Media di Cinisi e un incontro con Giovanna Fiume e Alessandra Dino, docenti dell’Università di Palermo, sul tema “Il ruolo della donna nella società mafiosa”. Per chiudere, sarà proiettato un filmato con un’intervista a Felicia curato da Antony Fragola. Il 10 dicembre alle ore 9  sarà proiettato, per gli alunni delle classi terze della Scuola Media  il film recentemente girato da Gregorio Mascolo, dal titolo “Felicia”, (la mafia uccide, il silenzio pure). Intratterranno gli alunni Salvo Vitale e Felicetta Impastato.

STA LI’

di Salvo Vitale
Sta lì,
dietro i vetri della persiana,
tra la notte ed il giorno,
tra la pioggia e il sole,
nell’alternarsi delle stagioni,
prigioniera del suo male,
immobile nella sua solitudine,
a percepire ancora nel suo ventre
i movimenti bruschi
d’una gravidanza ininterrotta,
d’un figlio morto,
d’un altro figlio ucciso,
d’un figlio ancora vivo,
a cantare una nenia,
a preparare il pasto,
a lavare i panni,
a proteggere il ciclo evolutivo
del suo feto diventato uomo,
tornato bambino,
riconquistato alla vita
e irrimediabilmente perduto.

Sta lì
inquieta,
in attesa di notizie,
soddisfatta della condanna del boia,
esaltata dalla sua morte.
Le lame dei suoi occhi disorientano gli assassini,
non perdona, non piange, non invoca,
la sua rabbia è una corda tesa,
l’interno di un vulcano,
una bomba innescata sulla violenza del pianeta
Qualche volta prega senza convinzione.

Dalla porta socchiusa entrano i ragazzi,
lei si trasforma in oracolo, in maestra,
sapiente, signora del tempo
sul roveto dei suoi ricordi,
entrano i compagni e ridiventa madre,
la grande madre,
mater dulcissima,
splendida col suo mezzo sorriso,
esibisce la sua ferita  aperta,
bambina indifesa,
terribile dea della vendetta.

Sta lì nel suo disprezzo per lo stato,
vittima di sporche manovre,
sacerdotessa dell’età dell’oro,
del tempo dell’anarchia
Dentro il suo pugno alzato
brucia la fiamma che rischiara il sentiero
d’un paese inesistente
senza ricchezza né povertà.
Sta lì ancora,
anche adesso che entro e non la trovo più.
Mi manca.


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