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domenica 19 dicembre 2010

TRATTATIVA STATO-MAFIA: QUELLE OMBRE SU CONSO, CIAMPI E SCALFARO


di Tiziano Aceti
Continuano le indagini dei pm di Palermo che indagano sulle stragi del ‘92-’93 e sulla presunta trattativa tra Stato e mafia. Nei giorni scorsi i pm hanno  ascoltato a Roma i due ex presidenti della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi.
Molti gli argomenti che sarebbero stati trattati nel corso dell’audizione dei due ex presidenti: la sostituzione di Nicolò Amato ai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, il mancato rinnovo del carcere duro, deciso dall’allora ministro della Giustizia Giovanni Conso, le bombe del ’93.
Il primo ad essere ascoltato è stato l’allora presidente della Repubblica, Scalfaro. Poi è toccato a Ciampi, allora presidente del Consiglio, con cui i pm hanno voluto approfondire quanto da lui dichiarato alcuni mesi fa, quando affermò che, durante gli attentati del ’93, avrebbe temuto fortemente un colpo di Stato.
Soprattutto due sono i punti focali su cui si concentrano gli sforzi dei magistrati. Il primo nodo riguarderebbe le mancate proroghe del regime di carcere duro, il 41 bis, non disposte per 300 boss, dopo le stragi del ’92 e gli attentati del ’93. Il secondo nodo riguarderebbe, in particolar modo, le vicende che portarono la sostituzione di Nicolò Amato da capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria con la successiva nomina di Giuseppe Di Maggio a capo del Dap.
I due ex presidenti Scalfaro e Ciampi avrebbero affermato di non essere a conoscenza dell’intenzione di Giovanni Conso di non rinnovare il carcere duro per circa 300 boss mafiosi. Affermazione confermata dalle dichiarazioni di Conso che avrebbe sostenuto di aver deciso da solo la revoca del 41 bis per un certo numero di detenuti.
L’inchiesta che riguarda presunti legami tra Stato e mafia, portata avanti da un pool di magistrati palermitani, è legata anche alle dichiarazioni di Massimo Ciancimino. Nell’ambito di questa inchiesta sono stati ascoltati, tra gli altri, anche gli ex ministri della Giustizia Claudio Martelli, l’ex capo del Dap Nicolò Amato e l’ex presidente della Camera e della commissione Antimafia Luciano Violante.
L’ipotesi che muove l’accusa, riguarda, un presunto ricatto che la mafia avrebbe attuato nei confronti dello Stato, con una serie di attentati preparati e messi in atto al fine di ottenere una serie di benefici per i boss mafiosi detenuti. In cambio l’alleggerimento del forte stato di tensione pubblica che gli attentati di Cosa nostra stavano portando nel Paese.

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