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lunedì 31 gennaio 2011

Intervento di Giovanbattista Tona all'inaugurazione dell'anno giudiziario



31 gennaio 2011 - INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2011
Intervento del presidente della sezione distrettuale dell’ANM di Caltanissetta Dott. Giovanbattista Tona
     

Signor Presidente,
Signor Procuratore Generale,
intervengo a nome dei magistrati di Caltanissetta, che aderiscono all'ANM e che come tutti i loro colleghi si ritrovano oggi nelle parole che in questo momento, in tutte le Corti di Appello, tutti i presidenti di tutte le sezioni dell'ANM d'Italia, stanno contemporaneamente pronunciando.
Le parole del documento di cui di seguito vi darò lettura:
GLI ATTACCHI AI MAGISTRATI
SONO CONTRO  LA GIUSTIZIA E LA COSTITUZIONE
 
SONO CONTRO LA GIUSTIZIA gli insulti, le offese, le campagne di denigrazione di singoli giudici, le minacce di punizione, gli annunci di “riforme” dichiaratamente concepite come strumenti di ritorsione verso una magistratura ritenuta colpevole solo perché si ostina ad adempiere al proprio dovere di accertare la commissione dei reati e di applicare la legge imparzialmente e in maniera uguale nei confronti di tutti i cittadini.
SONO CONTRO LA GIUSTIZIA le strumentalizzazioni delle inchieste e delle decisioni giudiziarie e l’assurda interpretazione come complotto politico della semplice applicazione delle regole, dell’attuazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale e del fisiologico funzionamento degli istituti di garanzia propri dei moderni Stati costituzionali di diritto.
SONO CONTRO LA GIUSTIZIA gli attacchi alla Costituzione e ai principi di autonomia e indipendenza della magistratura.
SONO CONTRO LA GIUSTIZIA le iniziative legislative dirette esclusivamente a risolvere singole vicende giudiziarie e che hanno snaturato il processo penale.
SONO CONTRO LA GIUSTIZIA i continui tagli alle risorse, la riduzione degli organici del personale amministrativo, la mancanza di investimenti e di progetti per la modernizzazione del sistema giudiziario, la mortificazione della dignità professionale dei magistrati.
SONO CONTRO LA GIUSTIZIA l’inerzia e l’assenza di iniziativa dei responsabili politici di fronte alle proposte concrete e costruttive avanzate dagli operatori del diritto per far fronte alla drammatica crisi di funzionamento della giustizia.
L’inaugurazione dell’anno giudiziario è la sede più appropriata per ribadire con forza che i magistrati continueranno a svolgere il compito loro affidato, senza lasciarsi intimidire e avendo come unico riferimento i principi di LEGALITA’ e di EGUAGLIANZA  sanciti dalla COSTITUZIONE ITALIANA.
(…)
Queste sono le parole che oggi pronunciano in tutti i distretti i magistrati italiani.
Ma noi magistrati del distretto nisseno vogliamo anche dirvi come intendiamo svolgere i compiti a noi affidati e come sinora abbiamo inteso svolgerli.
Noi siamo per la giustizia, perchè abbiamo capito che lavorando sodo, facendo sacrifici e correndo anche rischi personali, qualcosa di buono, anche poco, anche pochissimo può accadere in questo martoriato territorio. E abbiamo pure capito che solo dall'impegno di ciascuno di noi, più che dalle riforme di carta e a costo zero, potrà derivare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Noi siamo per la giustizia, perchè nel nostro distretto i magistrati lavorano bene insieme, in perfetta armonia e con la stessa passione civile, anche se provengono dalle più diverse città d'Italia, anche se hanno culture, radici ed esperienze spesso molto distanti tra loro; e i magistrati che da più tempo operano su questo territorio, grazie ai colleghi che vengono da lontano, riescono a vedere meglio cose di cui da vicino talvolta potrebbero non accorgersi. Amministrare giustizia quindi diventa per noi quotidianamente un modo per sperimentare l'unità del nostro Paese, che appare forte, radicata e utile persino in queste anguste e periferiche provincie dell'entroterra siciliano.
Noi siamo per la giustizia, ed in particolare per la giustizia nei nostri circondari, perchè se non ci pensiamo noi alla giustizia probabilmente non ci pensa nessuno. Il roboante dibattito pubblico non transita per le tortuose ed accidentate strade provinciali che attraversano le valli nissene, non si inerpica sulle montagne per raggiungere Nicosia, teme la nebbia ed il freddo di Enna, si allontana in fretta dai problematici quartieri di Gela. I mass media si occupano dei grandi capoluoghi, dei palazzi del potere e delle ville festose. Si occupano insomma delle cose che contano.
Noi siamo per la giustizia, perchè invece non contiamo niente e perchè quello che facciamo interessa poco a coloro che contano. Il nostro lavoro interessa alle persone che vivono e operano in questo territorio; qui i magistrati sono lontani da tutto ma non dai cittadini che a loro sono anche fisicamente prossimi e che li controllano, verificano la loro affidabilità, il loro impegno, la loro dedizione.
Noi siamo per la giustizia, perchè qui non c'è la privacy, che, come direbbe qualche vecchio contadino delle nostre parti, è “cosa 'miricana”; qui, pur nel loro piccolo, i magistrati sanno di essere personaggi pubblici e, vogliono o non vogliono, si devono muovere alla luce del sole, devono essere controllati nel loro modo di fare e di lavorare; apparire ed essere non sono concetti che in provincia possono avere un preciso confine. E qua però non c'è la televisione che pretende di dire come stanno le nostre cose, perchè la televisione ha poco tempo per noi e si deve occupare d'altro: quando si discute del nostro lavoro tutto è più diretto; peggio per noi se facciamo male, ma se facciamo bene la fiducia dei cittadini non ce la può sottrarre nessuno con nessun raggiro.
Noi siamo per la giustizia, perchè ci hanno detto che la mafia sta per essere sconfitta, mancano solo due o tre anni. Ci penserà il governo che sta a Roma o forse a Milano; mica noi che stiamo qua. Una cosa simile la sentirono dire i nostri bisnonni nel 1929, quando il prefetto Mori a nome di un governo convocava le folle nei paesi del vallone e diceva loro: “Non più la mafia alzerà il capo per rivivere ancora, essa è morta e sepolta e i morti non possono e non debbono tornare in vita”. Ma pochi anni dopo in un rapporto riservato, i Carabinieri scrissero che con le precedenti investigazioni la mafia fu “sfrondata, potata, quasi intaccata al tronco, ma la base e le radici rimasero intatte, perchè costituite da 'stati maggiori', oramai notoriamente composti da professionisti, titolati e da individui di elevata classe sociale”. A seguire questi investigatori, già allora, chissà quante altre cose si sarebbero potute scoprire; ma queste analisi alla fine degli anni “30 non erano più ammesse, perchè era stato detto che la mafia era sconfitta e il resto non interessava più.
Noi siamo per la giustizia, perchè a noi invece interessa proprio tutto il resto, perchè il contrasto alla mafia è una cosa seria che fa rischiare la vita e la fa rischiare a noi prima ancora che a quelli che della mafia ci preannunciano la data del decesso. Il coraggio poi da solo non serve a nulla; ci vuole un lavoro instancabile, certosino, equilibrato ma intransigente, che richiede molta determinazione e poca sicumera, poche certezze e molta umiltà, molta concretezza e poco spettacolo; e siccome i cittadini del nostro territorio questo lo sanno, avendolo imparato purtroppo sulla loro pelle, facciamo tutto quello che è nelle nostre possibilità per comprendere, distinguere, intervenire e punire. Assicuriamo ai comizianti che non daremo loro fastidio; non ci interessa prenderci i meriti dei risultati che saranno conseguiti, quelli li lasciamo a chi ha bisogno di vantarsene; non si preoccupino nemmeno del fatto che qualcuno si accorga che qualche merito a noi possa essere riconosciuto, perchè di ciò che accade qui non si interessa nessuno e i mass media continueranno a raccontare la lotta alla mafia immaginaria che combattono gli opinionisti e gli esperti di slogan. Quindi continuino questi caroselli, negli spazi loro riservati, ma noi dobbiamo continuare a lavorare, perchè altrimenti questo territorio è perduto.
Il poeta Giorgio Caproni, dopo avere visitato Caltanissetta nel 1958, la definì “lontana e sola”, ma ebbe l'impressione “nonostante la triste cornice... di trovarsi in una città fornita di straordinaria energia e di straordinaria voglia di vivere, meglio forse di quanto appare in più fortunate e pettinate città della 'giusta Italia'”.
Noi siamo per la giustizia, perchè ci riconosciamo in questa immagine della città, che somiglia a tutto il nostro distretto; siamo lontani, spesso ci sentiamo soli, ma sentiamo pure questa straordinaria energia che ci rende capaci di esprimere una produttività che stupisce persino noi stessi. Noi siamo il distretto nel quale c'è il Tribunale di Enna, ufficio simbolo delle carenze di organico, con sei soli magistrati in servizio nel 2010 e qualche giudice onorario, e che in un anno ha prodotto circa 2.400 sentenze; il che significa che ognuno di loro, togliendo le domeniche ed i giorni di ferie, ha concluso più di un processo al giorno.
Ma infine signor Presidente noi siamo per la giustizia perchè siamo orgogliosi di essere magistrati, perchè questo orgoglio, che nelle periferie non può consentire di alimentare ambizioni, è un sentimento sano che genera passione e voglia di lavorare, perchè dà motivo di credere nella forza di questo Paese che sembra fiacco e agitato solo dai rancori, ma che forse sotto sotto è qualcosa di molto meglio; perchè ci fa pensare che se noi smettiamo di credere a quello che vediamo e immaginassimo con più convinzione quello che già avevano in mente i padri costituenti, anche questo Paese, anche questa giustizia potranno essere migliori.
Diceva ancora Giorgio Caproni che Caltanissetta, “con quel rimescolio di vita in cerca di uno sbocco, ha tutta l'aria di una città assediata, questa volta non da milizie visibili che i nisseni sarebbero pronti ad affrontare a lancia e spada in campo, ma dal subdolo vuoto che la circuisce”.
E tutto sembra ancora così, signor Presidente; queste parole potevano essere scritte per i nostri uffici giudiziari, laboriose fucine di giustizia, ma assediate dal vuoto; il vuoto delle chiacchiere sulla giustizia senza interventi utili, il vuoto delle riforme o dei piani di investimento che troneggiano solo nelle gazzette ufficiali e nei dispacci delle agenzie di stampa, il vuoto di attenzione e il vuoto delle risorse, il vuoto culturale che non consente nemmeno di capire cosa davvero accade qui e altrove nella giustizia penale e in quella civile; e fare la guerra al vuoto significa cadere nel vuoto.
Ecco perchè noi non usciamo dalla città assediata; perchè almeno qui lontani da tutto ciò conta possiamo fare cose che servono, cose “piene”, in attesa che anche il vuoto prima o poi si riempia e da questo distretto possano ergersi dei ponti che ci portino da qualche parte; magari in un paese normale.

Tratto da:
19luglio1992.com


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