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domenica 23 gennaio 2011

Preso il boss Mandalari. Il capocosca di Bollate nascosto nell'hinterland

di Luigi Ferrarella Cesare Giuzzi - 23 gennaio 2011
«Non credevo che mi avreste trovato». Le sue telefonate rivelarono le infiltrazioni della 'ndrangheta nell'edilizia.
   
MILANO - Lo avevano creduto spacciato. Per quel suo vizio di chiacchierare, di raccontare cose che fuori dalle famiglie è meglio non far sapere. Soprattutto quando quelle conversazioni intercettate sono diventate la spina dorsale dell'inchiesta contro la 'ndrangheta al Nord sfociata in 300 arresti tra Calabria e Brianza. Quelli di «giù», i capicosca della Calabria, non avevano certo gradito tanta loquacità. Ma Vincenzo Mandalari, 50 anni, originario di


Il boss Mandalari, al centro, in vacanza in Thailandia
Il boss Mandalari, al centro, in vacanza in Thailandia
Guardavalle (Catanzaro), ritenuto il capo del «locale» di 'ndrangheta di Bollate, sfuggito per un pelo al blitz del 13 luglio, non s'è mai mosso dalla sua Milano. Da «latitante» è stato catturato venerdì sera a San Giuliano Milanese. Lo hanno preso i carabinieri del Gruppo di Monza, gli stessi che per due anni e mezzo lo avevano seguito come un'ombra, piazzando cimici e filmando incontri e summit (come la famosa cena al Circolo Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano).


Mandalari, a destra, fotografato a Paderno il 31 ottobre 2009
Mandalari, a destra, fotografato a Paderno il 31 ottobre 2009
Nelle tasche un migliaio di euro e una carta d'identità rubata.
Era nel piazzale della stazione ferroviaria, aspettava la moglie. È stata lei, dopo decine di falsi allarmi, a portare i carabinieri del colonnello Giuseppe Spina fino «all'obiettivo». Gli investigatori hanno riconosciuto la sagoma di quell'omone di quasi due metri, addome prominente e andatura ciondolante. Erano le 18, Mandalari ha mostrato la carta d'identità senza convinzione: «Non pensavo che mi avreste trovato». Sulle sue spalle un ordine di custodia cautelare firmato dal gip Andrea Ghinetti su richiesta dei pm della Direzione distrettuale antimafia - Ilda Boccassini, Alessandra Dolci e Paolo Storari - per associazione a delinquere di stampo mafioso, usura e turbativa di consultazione elettorale.

Per i pm, Vincenzo Mandalari, titolare della Imes srl (impresa di strade e costruzioni), avrebbe ricoperto il «ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, impartendo direttive alle quali tutti gli associati dovevano attenersi». Compreso il fratello Nunziato, di quattro anni più anziano, arrestato nel blitz e per il quale è stato disposto il giudizio immediato insieme ad altri 173 imputati per il prossimo 11 maggio. Vincenzo, invece, era riuscito a fuggire dalla casa-bunker di a Bollate. «Sono uscito a fare una passeggiata. Ho visto l'elicottero e sono scappato», ha tentato di giustificarsi. Storia «inverosimile» per gli inquirenti che invece sospettano di una talpa. Durante i 192 giorni di latitanza non si sarebbe mosso da Milano. L'ultimo rifugio (da diversi giorni) proprio a San Giuliano come confermano alcuni scontrini fiscali trovati nelle sue tasche. Ma i carabinieri stanno ancora cercando chi, in questi mesi, abbia favorito e sostenuto la sua latitanza. Ora è rinchiuso al carcere di Opera. Al sicuro. Anche dall'ira dei suoi nemici.

Tratto da: milano.corriere.it


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