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giovedì 3 febbraio 2011

Condanna Grigoli e Messina Denaro, il Governo si compiace ma non caccia i soldi per i poliziotti



di Rino Giacalone - 2 febbraio 2011Il Governo si butta a capofitto sulla sentenza che ha condannato a 12 anni l’imprenditore Giuseppe Grigoli e a 30 anni il capo mafia latitante Matteo Messina Denaro.
Magari dimenticando che fare questo processo non è stato facile, a cominciare dalle indagini fatte a costo zero a proposito di missioni e straordinari degli investigatori che se ne sono via via occupati, da quelli della Squadra Mobile di Trapani a quelli della Dia, il ministro della Giustizia Alfano ieri parlando a Bruxelles ha voluto evidenziare come la confisca dei beni alla mafia resta il terreno da battere per colpire seriamente Cosa nostra.
«Le confische – ha detto Alfano – sono frutto della legislazione voluta da questo esecutivo. Assieme alla pesante pena detentiva - ha specificato il Guardasigilli - il Tribunale di Marsala ha infatti confiscato a Grigoli un patrimonio di oltre 200 milioni di euro, vera e propria cassaforte di Messina Denaro e di Cosa nostra a Trapani. Esprimo vivo compiacimento per una sentenza che dà il meritato riconoscimento a un'indagine della Dia, dello Sco e della Gdf, diretta, tra gli altri, dall'allora sostituto procuratore della Dda di Palermo, Roberto Piscitello, oggi in servizio presso il mio Dicastero (è vice capo di gabinetto a via Arenula ndr) e dei cui consigli, in materia antimafia, mi avvalgo spesso». «Questo Governo - ha concluso Alfano - attraverso la ridefinizione delle misure di prevenzione, oggi possibili in casi molto più ampi che non in passato, ha dato forza ai magistrati che hanno avuto la sensibilità di intuire quanto al mafioso faccia più male la sottrazione di un bene che la galera».
Le affermazioni del ministro Alfano trovano un terreno investigativo a Trapani parecchio fertile. Diversi sono i procedimenti avviati dinanzi al Tribunale delle misure di prevenzione, altri se ne profilano dopo che il neo questore Carmine Esposito ha deciso di rilanciare a questo proposito l’attività dell’ufficio, definendola la «nuova» progettualità per arrivare, attraverso la “cattura” dei beni alla “cattura del latitante Matteo Messina Denaro”.
C’è però un aspetto, ed è quello che la società civile e la politica continua a mostrare distrazione. Lo dice l’avv. Giuseppe Novara, legale di Confibndustria Trapani e che ha rappresentato nel processo contro Grigoli e Messina Denaro l’unica perte civile che si è costituita, l’associazione antiracket.
«Della società civile, delle città più colpite nell’immagine e nel cuore economico – dice Novara – dove sono Castelvetrano, Campobello, tutto il Belice, gli imprenditori, le associazioni, la gente. Un processo come questo, dove troviamo due importanti ma in negativo imputati, non è stato seguito da nessuno, in aula in tutte le trenta udienze, erano presenti solo gli avvocati degli imputati, i pm, e la parte civile. Dove è la cosiddetta società civile che si indigna? Mi sono lamentato e lo faccio per le assenze e il silenzio». Le affermazioni di legalità e compiacimento provocate senza essere seguite da atti concreti sono solo sceneggiate.


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