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martedì 15 marzo 2011

Brusca: ''Dell'Utri nostro referente''



15 marzo 2011
Palermo.
Dopo l'uccisione dell'on. Salvo Lima, nel marzo 1992, Cosa nostra era alla ricerca di nuovi referenti. Fu in quel momento che si sarebbero «fatti sotto alcuni politici». E alla fine il ruolo sarebbe stato assunto da Marcello Dell'Utri e Vito Ciancimino.


È quello che sostiene Giovanni Brusca, uno dei più controversi pentiti di Cosa nostra, il quale aggiunge qualche particolare inedito a uno scenario già ricostruito da vari altri collaboratori. Le dichiarazioni di Brusca, raccolte in tre interrogatori resi tra il 29 settembre 2010 e il 15 febbraio 2011 ai magistrati della Procura di Palermo, sono stati depositati con altri atti e verbali alla vigilia della ripresa del processo al generale Mario Mori accusato di favoreggiamento della mafia. In tutto 1800 pagine nelle quali si parla soprattutto della «trattativa» che dopo le stragi del 1992 si sarebbe svolta tra la mafia e pezzi dello Stato con la mediazione di Vito Ciancimino. A quel tempo, riferisce Brusca, la strategia stragista era sospesa. Riina gli avrebbe spiegato che dopo le bombe il ministro dell'Interno Nicola Mancino avrebbe posto una domanda: «Cosa volete per finirla?». Le richieste della mafia erano elencate nel famoso «papello»: tra i benefici sollecitati ci sarebbero state l'attenuazione del regime carcerario del 41 bis e la chiusura delle carceri di Pianosa e dell'Asinara. La «trattativa» avrebbe avuto quindi un interlocutore di sinistra, anzi della «sinistra dc» precisa Brusca, ma a un certo punto Leoluca Bagarella, che dopo l'arresto di Riina aveva assunto il controllo dell'organizzazione, avrebbe fatto cercare a Brusca un contatto con Dell'Utri attraverso Vittorio Mangano, ex stalliere di Arcore. Si voleva mettere Berlusconi a conoscenza della «trattativa» per mettere «in difficoltà la sinistra». Il senso dell'iniziativa viene così spiegato da Brusca: «Volevamo fargli avere quella notizia come prova della nostra buona volontà e per fornirgli anche uno strumento di lotta politica in un momento in cui veniva attaccato». Il contatto con Berlusconi, ricostruito in un contesto confuso, sarebbe stato cercato anche prima dell'uccisione di Lima. Cosa nostra pensava a lui per arrivare a Bettino Craxi al quale intendeva chiedere un intervento per «aggiustare» il maxi processo. L'idea di cercare Craxi, attraverso Berlusconi, nasceva dal fatto che la strada intrapresa con Andreotti vecchio referente «non portava a nulla». Avrebbe prodotto invece risultati più concreti il contatto con Dell'Utri il quale avrebbe dato «risposte ampiamente positive» alla richiesta di svolgere un ruolo di referente. Questa presunta disponibilità avrebbe frenato l'irruenza di Bagarella che avrebbe voluto proseguire la strategia di Riina: «A promesse non mantenute dovevano seguire reazioni appropriate». Anche Mancino, che della «trattativa» era il terminale, avrebbe così rischiato di diventare un obiettivo. Per fortuna i piani criminali vennero fermati dagli arresti prima di Bagarella e poi dello stesso Brusca.

ANSA

Brusca: ''Riina aiuto' Ciancimino per congresso Dc 1983''

15 marzo 2011
Palermo.
Il pentito Giovanni Brusca, nel verbale di interrogatorio reso ai pm di Palermo il 15 febbraio scorso, nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta trattativa tra mafiae Stato, racconta retroscena del congresso tenuto dalla Dc siciliana ad Agrigento nel 1983. In particolare Brusca, negli atti depositati nel processo al generale del Ros Mario Mori, parla dei dissidi interni al partito e del cattivo rapporto tra Giulio Andreotti e Vito Ciancimino. «Andreotti non voleva Ciancimino sul palco - dice Brusca - Allora Ciancimino chiese aiuto a Provenzano che a sua volta incaricò Pino Lipari di parlarne con Riina e così fece. Lipari e Riina parlarono per un pò da soli, poi fecero entrare me e i cugini Salvo che furono incaricati di contattare Lima affinchè Ciancimino potesse salire sul palco. La risposta fu negativa». A questo punto Riina, molto contrariato, avrebbe chiamato nuovamente i Salvo e avrebbe detto a Ignazio che «se Ciancimino non avesse partecipato lui avrebbe ammazzato a lui (Ignazio Salvo, ndr) a Lima e pure Andreotti. Quel pomeriggio Ignazio Salvo diede a Riina la risposta positiva». Il rapporto con Andreotti «si interruppe nel 1984 quando Buscetta cominciò a parlare dei Salvo. Riina voleva ottenere l'abolizione dell'ergastolo e sgretolare il teorema Buscetta ma Lima non era stato in grado di riuscire a ottenere da Andreotti la soluzione a queste questioni».

ANSA

Brusca: ''Non sapevo di rapporti Ciancimino-Forde Ordine''

15 marzo 2011
Palermo.
«Quando Riina mi parlò di Ciancimino e Dell'Utri come nuovi referenti dei rapporti con i politici dopo l'omicidio di Salvo Lima, non sapevo dei rapporti tra Vito Ciancimino e la polizia ma non posso escludere che Riina e Provenzano sapessero». Lo dice il pentito Giovanni Brusca nell'interrogatorio ai pm palermitani reso il 15 febbraio scorso nell'ambito dell'inchiesta sulla «trattativa» tra lo Stato e la mafia dopo le stragi del 1992 e depositato dai magistrati nel processo al generale dei carabinieri Mario Mori per favoreggiamento aggravato dall'aver agevolato la mafia. Nel dicembre '92 Vito Ciancimino è stato arrestato a Roma, dopo aver richiesto il rilascio del passaporto. Ciancimino era stato già condannato in primo grado a sette anni di reclusione per associazione mafiosa e a tre per corruzione in via definitiva, ma non era in carcere per aver in gran parte scontato la sua condanna in precedenti periodi di reclusione, mentre il resto era stato condonato. La Cassazione nel '93 confermò la condanna complessivamente a 8 anni di carcere. «So però - prosegue Brusca - che nel 1994 quando Massimo Ciancimino creò problemi con la metanizzazione di Alcamo e la relativa messa a posto, Leoluca Bagarella lo chiamò 'sbirrò. Rimasi sorpreso è compresi che Bagarella sapeva molte cose. Lui voleva agire contro Massimo Ciancimino ma non poteva perchè doveva ancora essere collegato a Provenzano». (

ANSA



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