Dopo un assedio di quasi due giorni ad Aversa del latitante dei Casalesi nessuna traccia. Non è stato trovato neppure il covo e neanche un cunicolo per una possibile fuga. L'ira dei titolari del locale: adesso dovete risarcirci
di RAFFAELE SARDODOPO 26 ore di ricerche nel villino in via Marchione 12, ad Aversa, di Michele Zagaria, il boss del clan dei Casalesi, non è stata trovata nessuna traccia. Come non è stata trovata traccia di cunicoli e bunker nonostante le trivelle abbiamo perforato dappertutto e rivoltata la casa come un calzino. La squadra mobile di Napoli ha concluso le operazioni esattamente alle 18,15 di ieri. Poco dopo l’avvocato Rosario Pagliuca, a nome della famiglia di Giuseppe Inquieto, proprietaria dei locali dove era stata effettuata la perquisizione, ha annunciato che chiederà il risarcimento dei danni che da una prima stima ammonterebbero a oltre 70 mila euro.
Si conclude così senza esito la caccia all’ultimo dei latitanti eccellenti del clan dei Casalesi. L’operazione era cominciata venerdì nel primo pomeriggio. Una trentina di uomini della squadra catturandi della Mobile di Napoli, armi in pugno, aveva circondato l’abitazione, di recente ristrutturata e che al piano terra ha un negozio di outlet per bambini gestito da Giuseppe Inquieto con sua moglie. Al piano di sopra vivono anche i genitori della coppia. Probabilmente una soffiata o un’intercettazione aveva fatto correre sul posto gli uomini guidati da Vittorio Pisani che due giorni prima avevano catturato l’altro latitante eccellente, Antonio Iovine.
La zona veniva vietata al traffico e transennata. Venivano squarciati per primi i muri del negozio al piano terra, poi smontate le docce, sondati i pavimenti, perquisiti tutti gli ambienti. A sera arrivava anche una trivella per perforare il terreno davanti al negozio. Le operazioni venivano sospese poco dopo la mezzanotte, ma la casa rimaneva sorvegliata. Alle 10,30 di ieri mattina entravano in azione due Bobcat nei locali dell’ex Consorzio Trasporti Casertani, confinanti con l’abitazione di proprietà della famiglia Inquieto, e abbandonati da tempo. Cadevano giù i muri di un casotto per verificare la presenza di cunicoli. Ma il risultato era sempre lo stesso: di Zagaria nessuna traccia neanche da quella parte. Poco dopo mezzogiorno sul posto arrivavano i questori di Napoli, Santi Giuffrè, e Caserta, Guido Longo per fare il punto della situazione con il capo della mobile napoletana, Vittorio Pisani che ha seguito l’operazione senza mai andare via.
La scientifica è arrivata per rilevare impronte, fotografare e registrare tutto quello che c’era nei locali di via Marchione. Il lavoro di ricerca delle tracce di Zagaria doveva andare avanti. Si annunciava un’altra notte di lavoro, ancora più meticoloso. Sul posto facevano nuovamente capolino le trivelle. Invece alle 18 la polizia ha desistito. «Ci hanno distrutto — dice ora con le lacrime agli occhi Amalia Abbate, la moglie di Giuseppe Inquieto — ci hanno trattati come delinquenti. Siamo gente perbene. Ci alziamo ogni mattina per andare a lavorare. Ci hanno fatto perdere la faccia». Dal fronte della polizia, in ogni caso, c’è ottimismo nonostante questo insuccesso: «Michele Zagaria — assicurano — ha le ore contate».
Si conclude così senza esito la caccia all’ultimo dei latitanti eccellenti del clan dei Casalesi. L’operazione era cominciata venerdì nel primo pomeriggio. Una trentina di uomini della squadra catturandi della Mobile di Napoli, armi in pugno, aveva circondato l’abitazione, di recente ristrutturata e che al piano terra ha un negozio di outlet per bambini gestito da Giuseppe Inquieto con sua moglie. Al piano di sopra vivono anche i genitori della coppia. Probabilmente una soffiata o un’intercettazione aveva fatto correre sul posto gli uomini guidati da Vittorio Pisani che due giorni prima avevano catturato l’altro latitante eccellente, Antonio Iovine.
La zona veniva vietata al traffico e transennata. Venivano squarciati per primi i muri del negozio al piano terra, poi smontate le docce, sondati i pavimenti, perquisiti tutti gli ambienti. A sera arrivava anche una trivella per perforare il terreno davanti al negozio. Le operazioni venivano sospese poco dopo la mezzanotte, ma la casa rimaneva sorvegliata. Alle 10,30 di ieri mattina entravano in azione due Bobcat nei locali dell’ex Consorzio Trasporti Casertani, confinanti con l’abitazione di proprietà della famiglia Inquieto, e abbandonati da tempo. Cadevano giù i muri di un casotto per verificare la presenza di cunicoli. Ma il risultato era sempre lo stesso: di Zagaria nessuna traccia neanche da quella parte. Poco dopo mezzogiorno sul posto arrivavano i questori di Napoli, Santi Giuffrè, e Caserta, Guido Longo per fare il punto della situazione con il capo della mobile napoletana, Vittorio Pisani che ha seguito l’operazione senza mai andare via.
La scientifica è arrivata per rilevare impronte, fotografare e registrare tutto quello che c’era nei locali di via Marchione. Il lavoro di ricerca delle tracce di Zagaria doveva andare avanti. Si annunciava un’altra notte di lavoro, ancora più meticoloso. Sul posto facevano nuovamente capolino le trivelle. Invece alle 18 la polizia ha desistito. «Ci hanno distrutto — dice ora con le lacrime agli occhi Amalia Abbate, la moglie di Giuseppe Inquieto — ci hanno trattati come delinquenti. Siamo gente perbene. Ci alziamo ogni mattina per andare a lavorare. Ci hanno fatto perdere la faccia». Dal fronte della polizia, in ogni caso, c’è ottimismo nonostante questo insuccesso: «Michele Zagaria — assicurano — ha le ore contate».
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