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sabato 11 dicembre 2010

«In Puglia la mafia investe sull'energia»

di Nicola Pepe

BARI - I clan pugliesi mettono le mani sul business della «green economy». Se fino a poco tempo fa c’erano dubbi, ora c’è più di un indizio che ha superato lo step del mero sospetto, arrivando a un passo dalla «prova». L’allarme arriva direttamente dal presidente della commissione parlamentare antimafia, Beppe Pisanu, al termine della «missione» di due giorni in Puglia. Il senatore parla per oltre mezz’ora, in Prefettura, rispondendo a una serie di domande dei giornalisti.

Un argomento suscita subito l’attenzione ed è il riferimento agli affari nell’energia pulita. I clan acquistano e rivendono terreni dove collocare la pale eoliche o un parco fotovoltaico che gestiscono anche in proprio attraverso società prestanome: «Non chiedetemi altro, sono vincolato al segreto istruttorio», taglia corto Pisanu che conferma l’esistenza di indagini sulla piovra dell’energia da fonti rinnovabili. Il presidente non indica aree specifiche, ma è evidente che il fenomeno non può riguardare il Gargano, zona regina per l’eolico, e dove «la criminalità tende ad assumere forme più oculate di controllo del territorio e caratteristiche di vera e propria mafia». Del resto, la Puglia è la regione italiana con la più alta potenza di eolico, quindi va da sè che la criminalità fiuti l’affare e cerchi di approfittarne, chiosa il presidente dell’organismo bicamerale.

Pisanu ha parlato anche di borghesia mafiosa facendo riferimento a quel salto di qualità che vede la nostra regione proiettata nell’olimpo di quei territori dove i colletti bianchi trovano terreno fertile. È il caso del riciclaggio di denaro sporco alimentato da connivenze e collusioni con una platea di professionisti che hanno ammodernato il modus operandi delle organizzazioni criminali, sempre più propense a far tacere le armi per poter operare sottotono. Basti richiamare la madre di tutte le indagini sul clan Parisi di Bari per comprendere, come sin dal 1992, lo stesso boss «Savinuccio» impose la tranquillità nel «suo» quartiere Japigia per poter gestire indisturbato lo spaccio di migliaia di dosi di eroina al giorno.

Insomma, la criminalità si è ammodernata a tal punto da consentire ad alcuni boss di neutralizzare le sofisticate apparecchiature di intercettazione, e avvalersi di consulenze per operazioni di ingegneria finanziaria che mirano a lavare denaro sporco. Del resto, la Puglia è la regione più vitale e dinamica del Mezzogiorno e per tale ragione rappresenta un boccone appetitoso per gli affari illeciti. Unico dato positivo la non facile «permeabilità della società civile» da parte del sistema mafioso: sul punto, il presidente della commissione Antimafia si è soffermato evidenziando come la situazione pugliese sia diversa (in positivo) rispetto a quella di altre regioni dove la criminalità cerca il consenso popolare.

Tutto ciò, tuttavia, non riesce a spezzare quel cordone che lega criminalità e politica con la differenza che «in Puglia - ha aggiunto Pisanu - sono i mafiosi che si servono della politica e non la politica che si serve di loro». La ricetta? Potenziare l’attività delle forze dell’ordine e della magistratura anche se, a proposito della procura di Bari, è stata ribadita la carenza di organico «denunciata con garbo e precisione dal procuratore capo di Bari, Laudati».

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