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martedì 28 dicembre 2010

Quest'Italia sempre piu' Gomorra

di Nicola Tranfaglia - 28 dicembre 2010
Quattro libri indagano come oggi le mafie prosperino in «convergenza obiettiva» con la politica della destra.
La domanda centrale che si pongono oggi tanti italiani di fronte alla «convergenza» obiettiva, che si sta realizzando ormai tra mafia e politica di destra nell’Italia contemporanea, è sicuramente: perché la mafia cresce ancora? Questa è anche la mia preoccupazione da molto tempo.
    
Qualcuno ricorderà che nel 1991, qualche mese prima delle stragi che uccisero tra maggio e luglio 1992 Falcone e Borsellino e le loro scorte, scrissi un libretto pubblicato da Vito Laterza e intitolato La mafia come metodo.
Ora, nell’Italia berlusconiana, mi piacerebbe scrivere un piccolo saggio intitolato più o meno: 150 anni di Italia unita ma la mafia c’è sempre, anzi cresce ancora. Sono sicuro che nessun editore (tra i grandi o i medi editori), vorrebbe pubblicare il mio libro. Questo è inevitabile, purtroppo, in un Paese in cui ormai, da quasi tre anni, si stanno uccidendo - con appositi provvedimenti politici e legislativi - la scuola, l’università e la ricerca scientifica.
Un esempio recentissimo di questa mia preoccupazione? Proprio oggi, in Calabria, sono state arrestate dodici persone per associazone mafiosa e corruzione elettorale aggravato. Sono stati fermati un consigliere regionale del Pdl e quattro candidati dello stesso partito a un’elezione comunale nella stessa regione. E potrei citare centinaia di altre notizie giornalistiche arrivate negli ultimi mesi. Ma il problema della lotta alle mafie, diceva Giovanni Falcone, non è soltanto quello della repressione di polizia e dei giudici (pur necessaria) ma ci vuole una forte educazione civile che spetta allo Stato democratico (che in questo periodo, mi pare, si occupi di altro).
Ora tra i tanti libri che si continuano a pubblicare sulle mafie vorrei segnalarne almeno quattro, che sono arrivati sul mio tavolo di lavoro nelle ultime settimane: anzitutto quello di Nando Dalla Chiesa che non a caso si intitola Convergenza Mafia e politica nella seconda repubblica ( Melampo), Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino di Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo (Aliberti) e Nel labirinto degli dei di Antonio Ingroia Il Saggiatore, Potere criminale intervista di Salvatore Lupo (Laterza).
Che cosa emerge da questi libri che sono opera di magistrati e studiosi che da molto tempo si occupano, in maniera quasi esclusiva, del fenomeno mafioso? Mi pare di poter dire che una serie di elementi offerti all’attenzione degli italiani sono confermati dal lavoro scientifico e culturale in corsocomeda testimonianze di particolare rilievo di magistrati e di politologi. Cercherò di mettere in fila gli elementi che mi sembrano di maggior interesse storico e attuale nello stesso tempo.
Il primo riguarda sicuramente i rapporti passati e presenti delle classi dirigenti e del ceto politico di governo con le associazioni mafiose. Salvatore Lupo, ad esempio, che da storico studia da alcuni decenni il fenomeno mafioso, afferma, nella sua intervista a Gaetano Savatteri, che in Italia «i poteri palesi lasciano ai poteri occulti uno spazio vergognosamente grande. Le mafie (e i servizi segreti, per intenderci) usano questo spazio per mettere in piedi un gioco di segnali, pressioni, intimidazioni e ricatti che essenzialmente appartiene al loro mondo». A sua volta, Nando Dalla Chiesa che è stato in passato parlamentare emembrodella commissione Antimafia, sottolinea la convergenza oggettiva che si è creata di nuovo tra alcuni politici (o addirittura forze politiche?) e le associazioni mafiose. E a pagina 82 del suo bel libro sugli ultimi vent’anni in Italia scrive testualmente: «La strage di via d’Amelio (19 luglio 1992) non conclude la Svolta, che termina quasi due anni dopo, con le elezioni vinte da Silvio Berlusconi nel marzo 1994. Però il 19 luglio 1992 appare sempre più essere, verosimilmente, il luogo di incrocio profondo tra la Svolta e la trattativa tra Stato e mafia, tra politica e mafia. Il punto a partire dal quale Svolta e trattativa si intrecciano, procedendo insieme, e influenzandosi a vicenda. Fino a pesare insieme co meun nuovopeccato originale, dopo quello del ’43, sulla natura della Seconda Repubblica».
Ma la storia non finisce qui perché, a leggere il libro di Ingroia e quello di Bongiovanni e Baldo, si fanno inquietanti deduzioni. Antonio Ingroia, che pure non esce dal suo riserbo investigativo, sottolinea dati importanti oggi sottoposti ad indagini giudiziarie come la scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, i dubbi sul luogo in cui venne premuto il telecomando della bomba che fece saltare in aria il giudice e la sua scorta, i retroscenadella falsa collaborazione di Vincenzo Scarantino, i numerosi e ormai accertati depistaggi istituzionali su quella terribile strage.

Tratto da:
l'Unità


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