Il presidente dell'Antimafia interviene sui fatti
del 92-'93 dopo l'audizione dell'ex Guardasigilli Conso
Beppe Pisanu
PALERMO - A fine maggio di quest’anno Beppe Pisanu ha presentato la sua relazione all’Antimafia sulle stragi del ’92-’93. In quelle poche pagine c’erano due notizie importanti: il fatto che un funzionario dell’Aise, Narracci, fosse indagato per via D’Amelio, dove morì Paolo Borsellino, e soprattutto l’indicazione che una delle richieste avanzate dalla mafia in quella sorta di trattativa a cavallo delle stragi del ’92-’93, la revoca dei 41 bis per i picciotti in carcere, sembrava essere stata silenziosamente accolta dallo Stato. La conferma è venuta dall'audizione a San Macuto di Giovanni Conso, alla guida di via Arenula in quei mesi, che ha spiegato di aver fatto in solitudine quella scelta, in 140 casi, «per evitare altre stragi».
«Chi conosce il rigore morale e il senso dello Stato del professor Conso non può mettere in dubbio la sincerità delle dichiarazioni che egli ha reso alla Commissione antimafia». E Pisanu segnala che non ci furono solo revoche, su cui si sta indagando, ma anche conferme che colpirono il Gotha della mafia in carcere (Alberti, Brusca, Calò, Fidanzati,Liggio). Quindi un quadro ben complesso che ora l’Antimafia sta approfondendo sulla base di nuovi dati. Ma sono gli stessi elementi evidenziati da Pisanu a porre la questione centrale: «Come spiegare - dice il presidente - il senso pratico di una trattativa così spericolata tra mafia e Stato che alla fine avrebbe premiato i gregari e punito i grandi boss? Bisogna essere molto cauti quando si parla di trattativa».
Davanti l’Antimafia Conso ha evocato il segreto di Stato sulla questione. Pisanu esclude decisamente che vi sia: «Penso che il professor Conso, si sia riferito ad indagini e ricostruzioni successive che hanno proiettato l’ombra di pezzi deviati o di servitori infedeli dello Stato sulle scene dell’Addaura, di Capaci e di Via D’Amelio». E Pisanu definisce un «cupo silenzio» quello tenuto da Riina sui retroscena di Via D’Amelio. «Non credo che Totò Riina abbia parlato per amore di verità, ma solo per lanciare quella frase contro il suo principale nemico, lo Stato» ( Pisanu si riferisce all’affermazione: «Non lo abbiamo ucciso noi a Borsellino»). E infatti si è subito rinchiuso nel suo cupo silenzio, lui che pur conoscendo tutto della strage di Via D’Amelio, non vuol dire niente altro. E del resto fu sempre lui a deliberare, oltre all’assassinio di Falcone, anche quello di Borsellino. Risulta inoltre che la data dell’esecuzione fu anticipata per ragioni ancora ignote, ma così importanti da far rinviare sine die alcuni omicidi politici già programmati. Forse la conoscenza di quelle ragioni potrebbe chiarire alcuni persistenti misteri sulle cosiddette trattative e sulle probabili convergenze di Via D’Amelio», sottolinea il senatore del Pdl. Le bombe di quei mesi «furono lanciate contro lo Stato col deliberato proposito di indurlo ad abrogare l’isolamento carcerario dei mafiosi (il 41 bis), a chiudere alcune carceri speciali ed a sterilizzare la normativa sui collaboratori di giustizia: misure tutte queste che stavano letteralmente scardinando l’organizzazione criminale. Può darsi che allo stesso fine la mafia abbia cercato rapporti con esponenti o funzionari infedeli dello Stato e che si sia avvalsa di altre persone che rappresentavano comunque interessi occulti, illeciti, antidemocratici. Ma siamo ancora nel campo delle ipotesi ragionevoli».
Pisanu esclude decisamente un interesse politico Usa dietro le stragi di mafia anche se il problema esiste e va scandagliato viste le autorevoli segnalazioni raccolte all’epoca, come quella di Vincenzo Parisi. E dice che per ora non è prevista l’audizione di Paolo Bellini, il confidente dell’Arma che avvicinò la mafia suggerendo di colpire le opere d’arte. All’Antimafia, spiega Pisanu «spetta essenzialmente il compito di individuare una plausibile verità politica e cioè di capire come e perché quelle tragedie si verificarono ed evitare così che possano ripetersi. È ciò che stiamo facendo anche in ordine all’applicazione del 41 bis negli anni ’92-’93».
Redazione online
23 dicembre 2010
23 dicembre 2010
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