di Marco Letizia - Erano in molti ieri, al Palazzo Cattafi di Barcellona Pozzo di Gotto per la commemorazione della morte del giornalista Beppe Alfano, ucciso dalla mafia 18 anni fa.
Circa 400 persone, venute da tutte le parti d’Italia hanno riempito la piccola platea del Palacultura. Come ogni anno, oltre i familiari delle vittime tra cui l’eurodeputato Sonia Alfano, figlia del giornalista, sono stati presenti pezzi importanti delle istituzioni, politici, giornalisti e rappresentanti dei movimenti anti-mafia: tra gli ospiti, il Gip di Palermo e presidente di Magistratura Democratica, Piergiorgio Morosini, l’attore e consigliere regionale idv della Lombardia, Giulio Cavalli, Salvatore Borsellino, Marco Ligabue e l’eurodeputato Luigi De Magistris. In collegamento telefonico è intervenuto anche Fabio Repici, costretto a rimanere a casa per problemi di salute. Assenti Lumia e Loris Mazzetti, Di Pietro è stato presente in mattinata per la celebrazione della Messa Commemorative tenutasi nella Chiesa Santa Maria Assunta.
Alle 16.30 i familiari hanno deposto dei fiori presso la targa commemorativa sita in via Marconi, tra lacrime e commozione, mentre tutt’intorno padrone era il silenzio: il silenzio che si deve di fronte al coraggio di chi ha saputo guardare in faccia alla mafia, di chi per quel troppo osservare ha perso la vita.
Ad interrompere il silenzio Chicco Alfano: “I familiari ringraziano tutti i presenti ma non possiamo non notare che anche quest’anno Barcellona non ha risposto all’appello, ritiene un’infamia ricordare mio padre, che dovrebbe invece essere per tutti un esempio”.
Solite tensioni, si dice in giro, dovute alla scissione delle celebrazioni operata dall’Amministrazione Comunale che ogni anno ricorda il giornalista il giorno prima.
Al Palacultura però si svolge il “grosso” della giornata: si inizia con un po’ di ritardo, per attendere l’arrivo di un bus da Roma. Introduce, a distanza, Fabio Repici, e subito il clima si infiamma: “i servizi segreti hanno depistato le indagini sull’omicidio Alfano: ormai anche la procura antimafia di Messina ha ormai acquisito questi dati”. E dice di più: “non è ancora emersa verità processuale, o non si è voluto che venisse fuori, sui mandanti dell’omicidio Alfano, ma si sa che Merlino, esecutore materiale dell’omicidio, ha avuto, negli ultimi decenni, come suo punto di riferimento, Rosario Cattafi. Vari rapporti di diverse procure d’Italia definiscono quest’ultimo come il trait d’union tra la i mafiosi, tra cui Nitto Santapaola, e i servizi segreti. Costui però si trova ancora al comando del potere Barcellonese. Rosario Cattafi è il Dell’Utri di Barcellona”. Secondo Repici, "Cattafi fa parte del sistema di potere che ha deciso la morte di Beppe Alfano”. “Tra non molto si comprenderà – continua Repici – anche nelle procure di Caltanissetta e Palermo come l’8 gennaio 1993 sia una data significativa: Beppe Alfano è stato ucciso in un percorso che parte da molto tempo prima. Si è voluto evitare che Barcellona fosse ricompresa nelle dinamiche investigative”.
A seguire interviene Pier Giorgio Morosini dicendo che “Beppe Alfano è stato capace di parlare in un contesto reticente al silenzio”. Poi continua, criticando la linea ambivalente portata avanti dal governo in tema di giustizia: “Mentre ci parlano di piano straordinario antimafia, presentano leggi contro le intercettazioni e tagliano i fondi alla giustizia”. In conclusione, anche Morosini tocca il tema delle collusioni tra magistratura e poteri criminali: “Quando una magistratura cede sul piano etico e tratta col poter mafioso, la gente è spinta a trovare forme di giustizia alternative e parallele”.
Giulio Cavalli invece sottolinea l’importanza dell’informazione: “la parola può essere utilizzata come arma bianca contro i poteri criminali: oggi pero si assiste all’auto-censura da parte di chi, come i giornalisti, dovrebbero far un buon uso della parola”.
A sorpresa intervengono anche due ospiti speciali: Ingazio Cutrò e Valeria Grasso, imprenditori che hanno avuto il coraggio di denunciare il Racket. Applausi a pioggia soprattutto per il primo quando ha affermato con coraggio che è “meglio morire in piedi che vivere una vita in ginocchio”.
Grandi applausi anche per Salvatore Borsellino che torna a parlare della morte di suo fratello: “Paolo non è stato ucciso solo dalla mafia, ma anche da quello stato che con la mafia voleva trattare”. Rivolgendosi a Sonia Alfano ha poi affermato che “Lei è per me come una sorella: la prima volta che ho alzato l’agenda rossa era al mio fianco”.
De Magistris invece sostiene che “la lotta alla mafia non può essere solo una lotta per la legalità: per sconfiggerla serve una battaglia culturale sul campo, una rivoluzione delle coscienze”. Poi denuncia: “è un paese normale quello nel quale i maggiori vertici dei servizi segreti hanno sulle loro spalle condanne per traffico di droga o per la macelleria sociale di Genova?”
Nicola Biondo, giornalista dell’Unità, pone l’accento sulla connivenza tra forze dell’ordine e mafiosi: “I mafiosi non hanno mai rischiato nulla, sono sempre stati protetti da qualcuno, infatti la storia della mafia barcellonese, è la storia di un potere perfettamente legale”.
A concludere l’incontro, l’intervento più atteso della serata, conclusosi con un fiume di applausi: l’euro deputato Sonia Alfano, che inizia il suo intervento con un “grazie, rivolto a tutti, soprattutto a coloro i quali non mi credono. Grazie a Barcellona”. “Ovviamente però – dice Alfano – non posso non rispondere alla provocazione che ogni hanno l’amministrazione comunale fa scindendo la celebrazione in due: Beppe Alfano è morto l’8 Gennaio, ma l’ignoranza di alcuni amministratori è tanta che ricordano la morte con un giorno di anticipo”. Ovviamente ne ha per tutti: “Olindo Canali e il procuratore Cassata sono coloro i quali, attraverso il loro operato, hanno messo in ginocchio Barcellona”.
Anche la Alfano ribadisce quanto detto da Repici: “Cattafi è l’elemento di congiunzione tra la mafia e i servizi segreti: era esperto d’armi e di esplosivi ed è stato anche indagato nel processo per la strage di Capaci”.
Poi svela un retroscena: “ringrazio la famiglia Parmaliana che, ha voluto tenere segreti i verbali del processo, per evitare che il nostro partito ed io ne venissimo danneggiati: infatti su quei verbali c’era una relazione che parlava di rapporti tra l’On Scilipoti e alcuni clan Ndranghetisti, che solo adesso è venuta alla luce”.
Alle 16.30 i familiari hanno deposto dei fiori presso la targa commemorativa sita in via Marconi, tra lacrime e commozione, mentre tutt’intorno padrone era il silenzio: il silenzio che si deve di fronte al coraggio di chi ha saputo guardare in faccia alla mafia, di chi per quel troppo osservare ha perso la vita.
Ad interrompere il silenzio Chicco Alfano: “I familiari ringraziano tutti i presenti ma non possiamo non notare che anche quest’anno Barcellona non ha risposto all’appello, ritiene un’infamia ricordare mio padre, che dovrebbe invece essere per tutti un esempio”.
Solite tensioni, si dice in giro, dovute alla scissione delle celebrazioni operata dall’Amministrazione Comunale che ogni anno ricorda il giornalista il giorno prima.
Al Palacultura però si svolge il “grosso” della giornata: si inizia con un po’ di ritardo, per attendere l’arrivo di un bus da Roma. Introduce, a distanza, Fabio Repici, e subito il clima si infiamma: “i servizi segreti hanno depistato le indagini sull’omicidio Alfano: ormai anche la procura antimafia di Messina ha ormai acquisito questi dati”. E dice di più: “non è ancora emersa verità processuale, o non si è voluto che venisse fuori, sui mandanti dell’omicidio Alfano, ma si sa che Merlino, esecutore materiale dell’omicidio, ha avuto, negli ultimi decenni, come suo punto di riferimento, Rosario Cattafi. Vari rapporti di diverse procure d’Italia definiscono quest’ultimo come il trait d’union tra la i mafiosi, tra cui Nitto Santapaola, e i servizi segreti. Costui però si trova ancora al comando del potere Barcellonese. Rosario Cattafi è il Dell’Utri di Barcellona”. Secondo Repici, "Cattafi fa parte del sistema di potere che ha deciso la morte di Beppe Alfano”. “Tra non molto si comprenderà – continua Repici – anche nelle procure di Caltanissetta e Palermo come l’8 gennaio 1993 sia una data significativa: Beppe Alfano è stato ucciso in un percorso che parte da molto tempo prima. Si è voluto evitare che Barcellona fosse ricompresa nelle dinamiche investigative”.
A seguire interviene Pier Giorgio Morosini dicendo che “Beppe Alfano è stato capace di parlare in un contesto reticente al silenzio”. Poi continua, criticando la linea ambivalente portata avanti dal governo in tema di giustizia: “Mentre ci parlano di piano straordinario antimafia, presentano leggi contro le intercettazioni e tagliano i fondi alla giustizia”. In conclusione, anche Morosini tocca il tema delle collusioni tra magistratura e poteri criminali: “Quando una magistratura cede sul piano etico e tratta col poter mafioso, la gente è spinta a trovare forme di giustizia alternative e parallele”.
Giulio Cavalli invece sottolinea l’importanza dell’informazione: “la parola può essere utilizzata come arma bianca contro i poteri criminali: oggi pero si assiste all’auto-censura da parte di chi, come i giornalisti, dovrebbero far un buon uso della parola”.
A sorpresa intervengono anche due ospiti speciali: Ingazio Cutrò e Valeria Grasso, imprenditori che hanno avuto il coraggio di denunciare il Racket. Applausi a pioggia soprattutto per il primo quando ha affermato con coraggio che è “meglio morire in piedi che vivere una vita in ginocchio”.
Grandi applausi anche per Salvatore Borsellino che torna a parlare della morte di suo fratello: “Paolo non è stato ucciso solo dalla mafia, ma anche da quello stato che con la mafia voleva trattare”. Rivolgendosi a Sonia Alfano ha poi affermato che “Lei è per me come una sorella: la prima volta che ho alzato l’agenda rossa era al mio fianco”.
De Magistris invece sostiene che “la lotta alla mafia non può essere solo una lotta per la legalità: per sconfiggerla serve una battaglia culturale sul campo, una rivoluzione delle coscienze”. Poi denuncia: “è un paese normale quello nel quale i maggiori vertici dei servizi segreti hanno sulle loro spalle condanne per traffico di droga o per la macelleria sociale di Genova?”
Nicola Biondo, giornalista dell’Unità, pone l’accento sulla connivenza tra forze dell’ordine e mafiosi: “I mafiosi non hanno mai rischiato nulla, sono sempre stati protetti da qualcuno, infatti la storia della mafia barcellonese, è la storia di un potere perfettamente legale”.
A concludere l’incontro, l’intervento più atteso della serata, conclusosi con un fiume di applausi: l’euro deputato Sonia Alfano, che inizia il suo intervento con un “grazie, rivolto a tutti, soprattutto a coloro i quali non mi credono. Grazie a Barcellona”. “Ovviamente però – dice Alfano – non posso non rispondere alla provocazione che ogni hanno l’amministrazione comunale fa scindendo la celebrazione in due: Beppe Alfano è morto l’8 Gennaio, ma l’ignoranza di alcuni amministratori è tanta che ricordano la morte con un giorno di anticipo”. Ovviamente ne ha per tutti: “Olindo Canali e il procuratore Cassata sono coloro i quali, attraverso il loro operato, hanno messo in ginocchio Barcellona”.
Anche la Alfano ribadisce quanto detto da Repici: “Cattafi è l’elemento di congiunzione tra la mafia e i servizi segreti: era esperto d’armi e di esplosivi ed è stato anche indagato nel processo per la strage di Capaci”.
Poi svela un retroscena: “ringrazio la famiglia Parmaliana che, ha voluto tenere segreti i verbali del processo, per evitare che il nostro partito ed io ne venissimo danneggiati: infatti su quei verbali c’era una relazione che parlava di rapporti tra l’On Scilipoti e alcuni clan Ndranghetisti, che solo adesso è venuta alla luce”.
Nessun commento:
Posta un commento