da pinomasciari.it - 15 gennaio 2011
“Nell’ ottobre del 1996 mi fu notificata la sentenza di fallimento di una delle mie imprese della quale ero titolare, la “MASCIARI COSTRUZIONI di Masciari Giuseppe “ ditta individuale. La mia ribellione era ulteriormente punita: inverosimilmente il fallimento era decretato per un importo di lire 134.000.000, avverso l’azienda che vantava crediti, possedeva immobili e numerose attrezzature edili”.
In Calabria l’imprenditore che non si piegava, veniva messo in ginocchio: mentre la ‘ndrangheta minacciava e sparava, i poteri che controllano le banche e il sistema politico giudiziario stringevano la loro morsa sulle aziende. La punizione per l’imprenditore doveva essere l’allontanamento dalla propria terra, il suo fallimento o l’isolazione, insomma, bisognava fare di tutto perchè non divenisse un esempio positivo.
Il fallimento dell’azienda di Pino Masciari è stato dichiarato dal giudice Patrizia Pasquin, giudice presidente della sezione fallimentare di Tribunale di Vibo Valentia.
A distanza di anni, l’ 11 novembre 2006, veniva data notizia in tutte le testate giornalistiche a mezzo stampa eTv la seguente notizia: “arrestato il giudice Patrizia Pasquin” . Si riscontra sul sito internet “ la REPUBBLICA. It – CRONACA : Riceveva dalla mafia una stabile remunerazione”. Le accuse mosse a Pasquin vanno dal falso, alla truffa aggravata ai danni dello Stato e corruzione in atti giudiziari.
Oggi la pubblica accusa nel processo chiede 30 anni, per collusione, al giudice che ha fatto fallire Pino Masciari.
Di seguito riportiamo l’articolo apparso oggi sulla Gazzetta del Sud:Una richiesta pesantissima, 36 anni di carcere, addirittura oltre il massimo della pena consentita dal nostro ordinamento giudiziario che si ferma a 30 anni. Una requisitoria dura quella di ieri davanti ai giudici del Tribunale di Salerno da parte della pubblica accusa che ha individuato nell’ex giudice Patrizia Pasquin il maggiore responsabile della complessa trama di rapporti corruttivi che nel corso degli anni hanno portato all’asservimento della funzione giurisdizionale ad interessi particolari perseguiti dal magistrato e da altri soggetti. Tutti coinvolti in quella che è stata denominata Dinasty 2- do ut des, le cui indagini sono state portate a termine nel novembre del 2006 dalla squadra Mobile di Vibo, all’epoca diretta dal vice questore Rodolfo Ruperti, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Salerno.
Imputati, insieme all’ex giudice, altre undici persone nei confronti delle quali il pubblico ministero al termine della sua requisitoria ha chiesto 18 anni di carcere per Settimia Castagna, mentre per tutti gli altri le pene avanzate oscillano dai due ai cinque anni, in particolare 3 anni sono stati chiesti per l’ing. Vincenzo Galizia; 4 anni per Michelangelo Aiello; 2 anni per Nicola De Rito; 5 per Gaetano Rizzuto: 2 anni per Antonio Pugliese; 5 anni a testa per Alberto Sganga, Maria Francesca Tulino e Giulio Sganga e 2 anni per Antonio Ventura. Le discussioni degli avvocati della difesa sono in programma per il mese di febbraio. E c’è da ipotizzare che in aula ci sarà battaglia.
Tra le molteplici condotte di reato che i magistrati di Salerno hanno ipotizzato a carico dell’ex giudice vie è quella relativa alla realizzazione del Melograno Village srl. società di cui il magistrato, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe stato uno dei soci occulti unitamente a Settimia Castagna.
E sulla vicenda legata alla realizzazione del villaggio turistico sul litorale di Parghelia sono saltati fuori anche dei provvedimenti giurisdizionali di cui avrebbero beneficiato personaggi legati a qualche esponente dei Mancuso.
Nella rete corruttiva sono stati inizialmente coinvolti imprenditori, avvocati e professionisti. Molti di loro sono finiti sotto processo e assolti davanti al Gup, altri invece sono stati condannati e nei loro confronti è ancora pendente il giudizio di secondo grado. Mentre per qualche posizione esiste già un ricorso per Cassazione da parte della Procura di Salerno.
Segnaliamo l’articolo di Repubblica: ‘Ndrangheta, l’annuncio alla socia in affari “Ho fatto annullare la sentenza” (di Attilio Bolzoni)
Tratto da: pinomasciari.it
Imputati, insieme all’ex giudice, altre undici persone nei confronti delle quali il pubblico ministero al termine della sua requisitoria ha chiesto 18 anni di carcere per Settimia Castagna, mentre per tutti gli altri le pene avanzate oscillano dai due ai cinque anni, in particolare 3 anni sono stati chiesti per l’ing. Vincenzo Galizia; 4 anni per Michelangelo Aiello; 2 anni per Nicola De Rito; 5 per Gaetano Rizzuto: 2 anni per Antonio Pugliese; 5 anni a testa per Alberto Sganga, Maria Francesca Tulino e Giulio Sganga e 2 anni per Antonio Ventura. Le discussioni degli avvocati della difesa sono in programma per il mese di febbraio. E c’è da ipotizzare che in aula ci sarà battaglia.
Tra le molteplici condotte di reato che i magistrati di Salerno hanno ipotizzato a carico dell’ex giudice vie è quella relativa alla realizzazione del Melograno Village srl. società di cui il magistrato, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe stato uno dei soci occulti unitamente a Settimia Castagna.
E sulla vicenda legata alla realizzazione del villaggio turistico sul litorale di Parghelia sono saltati fuori anche dei provvedimenti giurisdizionali di cui avrebbero beneficiato personaggi legati a qualche esponente dei Mancuso.
Nella rete corruttiva sono stati inizialmente coinvolti imprenditori, avvocati e professionisti. Molti di loro sono finiti sotto processo e assolti davanti al Gup, altri invece sono stati condannati e nei loro confronti è ancora pendente il giudizio di secondo grado. Mentre per qualche posizione esiste già un ricorso per Cassazione da parte della Procura di Salerno.
Segnaliamo l’articolo di Repubblica: ‘Ndrangheta, l’annuncio alla socia in affari “Ho fatto annullare la sentenza” (di Attilio Bolzoni)
Tratto da: pinomasciari.it
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