20 gennaio 2011
Firenze. «Attraverso Salvatore Grigoli oggi a Firenze è emerso che i collaboratori di giustizia hanno una sorta di soggezione quando devono chiamare in causa la politica; hanno invece grande loquacità quando i nomi da fare sono quelli di mafiosi. La domanda è: i pentiti hanno paura?». Lo scrive in una nota il presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, Giovanna Maggiani Chelli, commentando la deposizione del collaboratore di giustizia Grigoli a un processo per le stragi del '93 in corso a Firenze e che ha come unico imputato il boss Francesco Tagliavia. «Risulta chiaro - prosegue la nota - che il 'betabloccante' dei 180 giorni imposti ai collaboratori di giustizia per dire tutto quello che sanno, voluti fortemente dalla politica, e i casi come quello di Giuseppe Graviano che può socializzare al 41 bis, sia pure previsto dalla norma e la possibilità dei mafiosi di fare uscire »pizzini« dal carcere per dare ordini di morte, inibiscono i collaboratori di giustizia, che non si sentono a loro agio». Giovanna Maggiani Chelli aggiunge: «La domanda è: hanno paura? E il Parlamento cosa fa per agevolare i collaboratori di giustizia nel loro arduo lavoro mentre chiamano in causa la politica collusa? Del resto il collaboratore Tullio Cannella ha testimoniato che cosa nostra voleva andare direttamente in Parlamento e oggi abbiamo avuto l'impressione che ce l'abbia fatta».
ANSA
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