di Rino Giacalone - 29 gennaio 2011
Non siamo messi male, ma nemmeno bene, semmai ce ne fosse stato di bisogno c’è adesso la certificazione dell’«Eurispes» che ci dice che nel territorio della provincia di Trapani esiste una certa infiltrazione della mafia, che è poi quella capeggiata dal latitante Matteo Messina Denaro, il numero uno di Cosa Nostra siciliana.
Non è dunque una mafia qualsiasi. Per la verità il dato sull'inquinamento e sulla infiltrazione mafiosa del territorio trapanese non lo si scopre ora grazie all'Eurispes, ma è da anni che si può leggere su sentenze, ordinanze, nei verbali dei pentiti, anche in quelli sottoscritti da ex appartenenti alla mafia o da qualcuno di quei 12 capi di uffici tecnici della provincia arrestati negli ultimi 10 anni per «mazzette» intascate e per i rapporti con emissari di Cosa Nostra trapanese.
Nell'ambito del Rapporto Italia 2011, l'Eurispes ha realizzato un'analisi nella quale si evidenzia il grado di fragilità e di permeabilità dei territori rispetto ai tentacoli della 'ndrangheta, della camorra, della mafia e della sacra corona unita. Anche quest'anno, sostiene Eurispes, la maglia nera del territorio provinciale più permeabile ai tentacoli della criminalità organizzata spetta alla provincia di Napoli. Trapani (35,6 per cento) si colloca ai primi dieci posti poco dopo con Crotone (38,3), Catanzaro (36,1), e Bari (35,9).
Acquisito il dato c’è da pensare come far diminuire questa percentuale. E le cose non vanno bene se dalla Procura di Trapani ci dicono che i magistrati «avvertono una sorta di isolamento che non sentivano da tempo», mentre a Marsala a fare le indagini sono appena tre pm, procuratore compreso. Per non parlare della Dda di Palermo dove il gruppo che indaga sulla provincia di Trapani è di fatto affidato a tre magistrati, Guido, Micucci e Marzella, lasciando fuori magistrati, come il pm Andrea Tarondo che a Trapani è quello che ha coordinato le indagini che hanno colpito proprio gli inquinamenti mafiosi delle istituzioni. Per non parlare delle forze dell’ordine, che fanno i conti con i tagli, con i Carabinieri e la Finanza che subiscono i continui trasferimenti di ufficiali e la Polizia dove con le recenti promozioni si è creato un valzer di poltrone che ha tolto da una collaudta progettualità (quella che ha permesso di snidare i latitanti e colpire gli intrecci mafia, politica e imprenditoria) menti storiche delle investigazioni antimafia. Probabilmente, parafrasando una affermazione del pm Antonio Ingroia fatta a Castelvetrano, il latitante Matteo Messina Denaro potrebbe ridere più per questo che invece per un teatro rimasto vuoto.
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