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sabato 8 gennaio 2011

Vedova Grassi: ''Mio marito si doveva eliminare perche' dava il cattivo esempio''

8 gennaio 2011
Palermo.
«Venti anni fa la» lettera al caro estortore «fu pubblicata sul Giornale di Sicilia e successivamente sul Corriere della Sera.
    
È stato il primo atto pubblico di denuncia delle estorsioni. La prima pubblica rottura dell'omertà tra cittadini che coinvolgeva sia le vittime che gli artefici del prepotere mafioso. Un cittadino imprenditore, Libero Grassi, sottoposto a pressanti richieste di »pizzo«, non solo si rifiutò di pagare ma denunciò pubblicamente quella modalità che i suoi concittadini subivano quasi fosse una tassa dovuta». Lo scrive oggi Pina Maisano Grassi, vedova dell'imprenditore Libero Grassi, ucciso nell'agosto del '91 per essersi opposto al pizzo in una lettera al sito postaweb gds.it. «I colleghi di Libero e le istituzioni si guardarono bene dal supportare la sua iniziativa e... se ne lavarono le mani - continua la vedova Grassi -L'assurdo di tale comportamento è stato messo in evidenza in una trasmissione di grande »audience« - Samarcanda - condotta da Michele Santoro a cui fu invitato Libero Grassi. Ma se Libero era l'unico imprenditore a ribellarsi al pizzo lo si doveva eliminare perchè dava il »cattivo esempio«. Ed infatti il 29 agosto del '91 fu ucciso tra l'ipocrita rimpianto dei politici di turno e con la sincera, dolorosa partecipazione delle maestranze di fabbrica».
«Tredici anni dopo (luglio 2004) le strade commerciali di Palermo si svegliano tappezzate da piccoli adesivi che dicono» Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità «Chi sono? - scrive ancora Pina Maisono Grassi - »Se fossero dei giovani potrebbero essere miei nipoti perchè la pensano esattamente come me«. »Sono dei giovani: sono i ragazzi di Addiopizzo. Sono la realtà che contrasta Cosa Nostra senza retoriche, senza pretendere finanziamenti pubblici, convinti che le loro azioni costruiscono un futuro vivibile, un futuro etico a favore della società che studia, lavora, produce reddito, che finalmente è riconosciuta dallo Stato che ci piace. I magistrati, le forze dell'ordine - polizia, carabinieri, guardia di finanza - sono i nostri amici, sono lo Stato con cui vogliamo convivere per non essere i «paria» della società«. E conclude: «In un paese oggi «inesistente» nella considerazione internazionale, i ragazzi di Addiopizzo lasciano una traccia percorribile, un piccolo sentiero luminoso che può portarli a vivere in un futuro accettabile».

Adnkronos



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