di Fabio Repici - 24 febbraio 2011
Essendone il difensore, ieri mattina sono stato con Gioacchino Genchi a Roma a Piazzale Clodio.
La Procura di Roma sostiene che Genchi abbia fatto accessi abusivi a un sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate.
A nulla è valso consegnare i documenti comprovanti le esplicite autorizzazioni emesse per quegli accessi da tutti i magistrati con i quali Genchi ha collaborato. Quindi deciderà il Giudice dell’udienza preliminare. Ieri eravamo a Roma per questo. L’udienza proseguirà il 16 marzo.
Ma è stata l’occasione per me per apprendere in anteprima della sua scandalosa destituzione dalla Polizia di Stato. Mica Genchi ha azzannato alle caviglie qualche poliziotto (come fece un tal Roberto Maroni): altrimenti oggi sarebbe ministro dell’interno. Mica è indagato per i depistaggi sulla strage di via D’Amelio: in quel caso sarebbe oggi questore a Bergamo. Mica è stato condannato per l’omicidio Aldrovandi o per i pestaggi di Genova: anche in quel caso ci sarebbero state porte spalancate per avanzamenti di carriera. No, Genchi ha offeso l’onore di Silvio Berlusconi (pare sia possibile, secondo il dr. Manganelli; secondo Berlusconi no, visto che non ha querelato) e si è difeso dagli insulti di un giornalista berlusconiano: quindi, destituzione.
Come tanti sanno, fino a qualche anno fa Genchi era unanimemente riconosciuto come il miglior perito informatico in sede giudiziaria. Se ne sono avvalsi i magistrati dell’intera penisola in processi che hanno portato alle condanne di criminali di ogni tipo. Purtroppo per Genchi – nel senso che oggi paga le conseguenze soprattutto per quello – fra i condannati ci furono anche esponenti del potere. Poi ci fu la collaborazione alle indagini catanzaresi di De Magistris e accadde il finimondo.
Come si sa, i magistrati della Procura generale di Catanzaro (oggi imputati a Salerno per gravi reati commessi per stoppare proprio le indagini di De Magistris e Genchi) affidarono al Ros abusive indagini su Genchi e De Magistris. Poi trasmisero tutto alla solerte Procura di Roma (ricordate quel tale Achille Toro? Ecco, proprio a lui) che continuò ad affidare le indagini su Genchi al reparto del Ros diretto dal colonnello Pasquale Angelosanto, uomo di fiducia di Mario Mori (e infatti per qualche tempo in servizio al Sisde con Mori, prima di tornare al Ros).
Bene (anzi, male): tra le altre cose, quindi, a Genchi è toccato di essere indagato da quell’organismo investigativo, appunto il Ros dei Carabinieri, oggi diretto da Ganzer (condannato in primo grado a Milano a quattordici anni e mezzo di reclusione) e ieri da Mori (imputato di favoreggiamento a Bernardo Provenzano e indagato per concorso in associazione mafiosa, a Palermo), e proprio dal reparto diretto da quel colonnello Angelosanto che di Mori e Ganzer è persona fidatissima.
Qualcuno ricorderà che nelle indagini catanzaresi erano coinvolti personaggi politici e faccendieri indiziati di frodi nei finanziamenti comunitari. Ieri, nella stessa udienza, prima del processo a carico di Genchi, il medesimo giudice trattava un processo a carico di “Giovanbattista Papello + altri”: proprio uno stralcio dell’indagine Poseidone di De Magistris, comprensiva della consulenza di Genchi. Fra gli “altri”, un tale Fabio Schettini, che a Bruxelles operava come collaboratore del ministro Frattini.
Nelle indagini catanzaresi a un certo punto De Magistris e Genchi, prima che le inchieste fossero illegalmente sottratte, furono costretti a occuparsi di persone legate alla security Telecom guidata da Tavaroli. Si tratta del manipolo di uomini a mezza via fra apparati di sicurezza privati, servizi segreti, forze di polizia, giornali e aziende telefoniche. Molti di essi, ad eccezione di coloro (come Luciano Tavaroli e Fabio Ghioni) che hanno patteggiato, dopo essere stati arrestati, sono oggi imputati innanzi alla Corte d’assise di Milano. Fra costoro c’è un ex giornalista di Famiglia Cristiana, Guglielmo Sasinini.
È curioso il destino del processo Telecom di Milano: gli atti del fascicolo, una vera e propria miniera di informazioni clamorose, sono stati depositati da anni e conosciuti quindi dalle innumerevoli parti, dai loro avvocati e, conseguentemente, da chissà quanti giornalisti. Eppure, mai nulla è stato divulgato sulla stampa, al di fuori di ciò che riguarda strettamente lo spionaggio Telecom.
Molte delle notizie più suggestive riguardano proprio il giornalista Sasinini. Uomo dalle amicizie ragguardevoli, è (o almeno era) amico proprio dei maggiorenti del Ros, a partire dal generale Mori. Secondo quanto riferito ai magistrati da Marco Mancini, Sasinini era legato a Mori da tempi antichi e ne era stato addirittura testimone di nozze. Non so se sia davvero così ma perfino la documentazione sequestrata a Sasinini dimostra inequivocabilmente quanto fosse legato agli uomini del Ros.
Sasinini ha cercato di spiegare ai giudici milanesi che il suo lavoro per Tavaroli e Telecom era regolarissimo: analisi e scritti fondati solo su “fonti aperte”, cioè non riservate, in pratica articoli di stampa e agenzie. Ritengo che i giudici non gli abbiano creduto. Si vedrà all’esito del dibattimento appena iniziato.
Secondo me, perfino alcuni dei documenti (materiale cartaceo e materiale informatico) sequestrati a Sasinini dimostra che egli potesse avvalersi anche di fonti riservate, anche d’apparato.
E qui ritorno su Genchi. Ricordate il colonnello Pasquale Angelosanto che indagava su Genchi e De Magistris che indagavano su Schettini e altri? Ecco, vi riporto testualmente quanto risulta dal verbale della polizia giudiziaria di estrazione dei files di Sasinini contenuti nei supporti informatici sequestratigli. Mi riferisco in particolare a un file denominato “SCHETTO”. Questo il testo, del quale ho omissato coi puntini di sospensione le indicazioni complete di due utenze cellulari e di un ufficio bancario: “FABIO SCHETTINI Segretario particolare Ministro FRATTINI 335… 335… CC. presso Banco … - Ag. Via … - Roma (attivato Pasquale AngeloSanto che non ha prodotto nulla, dicendo che lo Schettini ha amici in Telecom, ecc.)”.
Ognuno interpreti come vuole. Secondo me il Pasquale Angelosanto “attivato” da Sasinini è proprio quello. Non è stato destituito. Anzi, ha continuato la progressione in carriera. Oggi è comandante provinciale dei Carabinieri nel delicatissimo territorio di Reggio Calabria.
Fabio Repici
Tratto da: 19luglio1992.com
Fabio Repici
Tratto da: 19luglio1992.com
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