di AMDuemila - 20 marzo 2011
Nella giornata di ieri la Gazzetta del Sud ha rilanciato la notizia sull'imminente svolta nella terza indagine sull'omicidio di Beppe Alfano.
Secondo il quotidiano calabrese, dopo gli approfondimenti richiesti lo scorso settembre dal gup di Messina, Maria Angela Nastasi, l'inchiesta sull'omicidio del cronista de La Sicilia ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto l'8 gennaio del 1993 sarebbe quindi ad un giro di boa. Poche ore dopo la pubblicazione dell'articolo a firma di Nuccio Anselmo è arrivata la replica della figlia di Beppe Alfano, Sonia, attualmente europarlamentare per l'Idv. “Mi auguro soltanto – ha dichiarato la Alfano – che non si tratti dell’ultimo e definitivo tassello di quella catena di depistaggi praticata fin dall’immediatezza del delitto e da me denunciata da tempo immemorabile”. La figlia del cronista assassinato da Cosa Nostra ha elencando di seguito la principale motivazione dell'omicidio di suo padre e le possibili concause correlate. “Nel chiedermi chi abbia interesse a quest’ultima fuga di notizie riservate – ha sottolineato la Alfano – ribadisco quel che da anni è evidente dagli atti: 1) La principale ragione dell’assassinio di Beppe Alfano sta nell’aver egli individuato il covo barcellonese nel quale trascorreva la latitanza il boss Nitto Santapaola. Le altre possibili concause sono tutte collegate a questa; 2) Il P.m. Olindo Canali, venuto a conoscenza da mio padre della presenza del latitante Santapaola, depistò le indagini per impedire che esse raggiungessero il terzo livello della mafia barcellonese, fermandole alle responsabilità dei soli Gullotti e Merlino; 3) Il R.o.s. e lo stesso Canali furono responsabili dell’omessa cattura del boss Santapaola a Terme Vigliatore, avendo diretta e ufficiale contezza dei luoghi frequentati dal capomafia nei primi mesi del 1993; 4) Per stornare le indagini il R.o.s., con l’allora capitano Sergio De Caprio, anziché catturare il boss catanese, inseguì e tentò di uccidere il figlio dell’imprenditore Imbesi; 5) L’operato del P.m. Canali e del R.o.s., unitamente ad altre risultanze, spiegano come il beneficiario delle protezioni istituzionali non fosse Santapaola, che dopo poco infatti fu lasciato catturare nei paraggi di Caltagirone, ma i piani alti della mafia barcellonese, che, con Santapaola in zona, avevano preso parte alla strategia stragista del 1992-93. Mi auguro che quelle protezioni istituzionali oggi non abbiano più ragione di essere e che a breve i vertici della mafia barcellonese, a partire dal famigerato Rosario Pio Cattafi, vengano raggiunti dagli opportuni provvedimenti giudiziari”. Immediata è arrivata la replica farcita di insulti irripetibili dell'ex capitano “Ultimo”, Sergio Di Caprio, alla quale la Alfano non ha lesinato una durissima controreplica. “Le questioni sollevate da Sonia Alfano sull'omicidio del padre – ha affermato il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione antimafia – sono serie e meritano rispetto. L'assassinio del giornalista siciliano presenta ancora oggi molti punti oscuri che devono essere chiariti, soprattutto sui suoi profili collusivi”. “La mafia di Barcellona Pozzo di Gotto – ha sottolineato Lumia – è molto potente, legata a settori degli apparati e delle istituzioni e ha avuto un ruolo durante il periodo delle stragi. Essa ha rappresentato un punto di coagulo tra la Cosa Nostra di Riina e Provenzano, quella catanese di Santapaola e la stessa 'Ndrangheta. Ha ragione Sonia Alfano: intorno alla figura di Santapaola vanno accesi i riflettori”. “Questa lettura dei fatti non deve sollevare insulti e ilarità da parte di chi ancora oggi veste le divisa e rappresenta lo Stato – ha aggiunto infine l'ex presidente della Commissione antimafia – la reazione del colonnello dei Carabinieri Sergio De Caprio è del tutto fuori posto. Sonia Alfano è una vittima di mafia, la sua sofferenza va rispettata, così come il suo punto di vista che si basa su elementi fondati. Confido nella magistratura di Messina affinchè si possa raggiungere al più presto la piena verità”.
La solidarietà di Giovanna Maggiani Chelli
Vogliamo significare la nostra solidarietà a Sonia Alfano che sempre combatte per capire fino in fondo perché suo padre ha dovuto morire per mano di mafia. Sonia Alfano teme fughe di notizie che potrebbero depistare. Dice bene la Alfano nella sua nota di agenzia, nel 1993 Nito Santapaola, forni l’uomo Santo Mazzei ai corleonesi di Riina affinché potesse procurarsi un proiettile di artiglieria a Torino e lo potesse lasciare nel giardino di Boboli quale anteprima della strage di Firenze del 27 Maggio 1993 in via dei Georgofili. Sappiamo bene quanto la mancanza di verità su delitti di una gravità inaudita, senza processi chiarificatori una volta per tutte, possano dare adito a gravissime fughe di notizie, fughe che chi è direttamente interessato in massacri come le stragi terroristiche, non sa mai come leggere. Infatti noi viviamo le stesse apprensioni della Alfano rispetto alla ridda di notizie su Giovanni Brusca che di questi tempi non mancano mai. Abbiamo timore che l’ansia che pervade la notizia quando è lo scoop che interessa, e speriamo nulla di peggio, possa inevitabilmente mettere in gioco la riuscita del lavoro dei Magistrati e la nostra conseguente ricerca della verità. Sono 18 anni che aspettiamo la verità sulla strage che ha visto la morte dei nostri figli, abbiamo confidato e confidiamo nel lavoro della Magistratura, oggi il timore è che proprio attraverso notizie sciorinate come acqua fresca, la nostra “ansia di giustizia“, come l’hanno sempre chiamata, sia ancora una volta disattesa per “l’ansia che la politica mette nel coprire la verità”.
Giovanna Maggiani ChelliPresidente
Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili
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