L’operazione ha preso il via all’alba, coinvolgendo agenti del nucleo di polizia tributaria di Bologna e Milano, e uomini della squadra mobile della questura del capoluogo lombardo, che hanno collaborato per eseguire le quarantanove ordinanze di custodia cautelare in carcere nell’ambito di un massiccio contrasto alla criminalità coordinato dalla procura di Milano e dalla direzione distrettuale antimafia. Gli arresti, quattordici dei quali emessi nei confronti di altrettanti soggetti già in carcere, sono stati disposti dal gip Stefania Donadio e sono l’ultimo atto di indagini che hanno visto lavorare insieme la guardia di finanza e la squadra mobile, impegnate a seguire tre filoni investigativi differenti.
Gli inquirenti si insospettiscono già nel 2005, quando il Goa di Bologna scopre un traffico internazionale di droga per far arrivare a Milano gli stupefacenti attraverso la Spagna. Le indagini avviate all’epoca proseguono poi nel 2006, con gli agenti che sequestrano un carico di cocaina all’aeroporto di Bologna e che in più operazioni sottraggono alla criminalità ben 95 chili di cocaina e 150 chili di hashish. Un altro filone si concentra invece sulla joint venture tra mafia e ‘ndrangheta al nord, organizzazioni che vogliono stringere un patto direttamente con i narcos sudamericani nell’ambito della gestione dell’importazione di droga. I malavitosi avevano infatti contrattato per far arrivare direttamente da Panama a Livorno 600 chili di cocaina, importazione che doveva avvenire su una nave che trasportava frutta esotica ma che non è andata a buon fine.
Le indagini hanno permesso di scoprire anche i dettagli dei traffici, le modalità, i nomi dei referenti delle famiglie malavitose e di ricostruire la storia degli ingenti proventi delle attività illecite. E’ così emerso che quello dello spaccio di cocaina doveva essere un business da portare avanti non soltanto al nord, ma da ripristinare anche in Sicilia per volontà della famiglia Lo Piccolo, portando sull’isola parte dei carichi provenienti dal Sud America. A questo scopo, dei malavitosi operanti al nord avevano preso contatti con Antonio Saccinto, tra i quarantanove arrestati, considerato un “broker”, ovvero un tramite tra la malavita italiana e i cartelli colombiani della droga. In seguito alla scoperta di questi contatti e dei traffici illeciti sono scattate le manette e sono stati sequestrati beni per oltre 50 milioni di euro; questo infatti il valore stimato delle 125 tra abitazioni e terreni, delle 40 auto, e degli svariati conti in banca che gli inquirenti hanno posto sotto sequestro nelle province di Milano, Pavia, Taranto, Cagliari e Torino.
I soggetti arrestati sono di diversa nazionalità (ci sono anche cittadini colombiani, cubani, egiziani, marocchini e albanesi oltre che italiani) e sono indagati a vario titolo per traffico internazionale di droga, estorsione, lesioni personali, intestazioni fittizie di beni, detenzione di armi clandestine e simulazione di reato, tutte imputazioni aggravate a volte dall’essere affiliati ad organizzazioni di stampo mafioso o alla ‘ndrangheta, i cui referenti nei traffici erano le famiglie Muia e Musitano.
Questa maxi operazione si distingue per rilevanza non soltanto per i quarantanove arresti e per il patrimonio sequestrato, ma anche per la collaborazione tra i diversi reparti investigativi, cooperazione di cui il colonnello Vincenzo Tomei si è detto orgoglioso.
Nessun commento:
Posta un commento