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mercoledì 2 febbraio 2011

Borsellino, un uomo solo



di Lorenzo Frigerio - 2 febbraio 2011
«Tra i tanti fiori che ho visto in questi giorni lasciati da persone che spesso non firmavano nemmeno il biglietto come e’ stato in questo caso, ho visto un bellissimo lilium, splendido fiore il lilium, e sotto c’erano queste poche parole senza firma: "Un solo grande fiore per un solo grande uomo solo.


Ma io vorrei dire a questo grande uomo, diletto amico, che non e’ solo, che accanto a lui batte il cuore di tutta Palermo, batte il cuore dei familiari, degli amici, di tutta la Nazione. Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto fino al sacrificio dovrà diventare e diventerà la lotta di ciascuno di noi, questa e’ una promessa che ti faccio solenne come un giuramento».
Sono parole che fanno emozionare e che commuovono; sono parole che spingono all’impegno e alla lotta contro la mafia; sono le parole pronunciate da Antonino Caponnetto durante i funerali di Borsellino ucciso il 19 luglio del 1992 in via D’Amelio con cinque agenti della scorta. Vengono subito in mente queste parole della “preghiera laica ma fervente” dell’anziano giudice, quando si legge “Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino” il bel libro scritto a quattro mani da Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo, due validi colleghi che da anni sono l’anima e il motore di “Antimafia Duemila”, rivista specializzata e fonte inesauribile per addetti ai lavori e non solo. Vengono in mente queste parole, perché l’inchiesta giornalistica che i due giornalisti svolgono per restituirci la vicenda umana e professionale del magistrato - nei mesi che separano la strage di Capaci, nella quale perse Giovanni Falcone, il collega e l’amico di una vita, da quella di via D’Amelio - costante è l’attenzione e il rispetto per i sentimenti e le sensazioni che i diversi protagonisti della storia vivono. Il risultato è un libro sui generis, che offre un significativo affresco umano, prima ancora di una importante ricostruzione storica di grande valore. Ci sono pagine che fanno venire i brividi, perché restituiscono l’immediatezza della rivelazione, come quelle in cui il fratello del magistrato Salvatore racconta la singolare esperienza, vissuta attraverso il racconto dei tanti che gli parlavano del fratello e del cammino di fede compiuto dallo stesso nella prossimità dell’attentato che gli avrebbe costato la vita, tanto da prefigurare un vero e proprio martirio. O quelle in cui si racconta l’inesorabile conto alla rovescia verso l’appuntamento con la morte per il giudice e i suoi angeli custodi. O ancora le testimonianze delle persone che hanno visto Borsellino correre contro il tempo per dare giustizia all’amico morto da poche settimane. Fino alle scene strazianti della figlia Lucia chiamata a comporre la salma del padre e poi a sostenere un esame all’università, come se la vita continuasse, nonostante tutto.
Il libro fa anche il punto su una serie di vicende non ancora chiarite e che negli ultimi anni sono state interessate da nuove rivelazioni che, oggi, sembrano preludere alla riapertura del processo per la strage del 19 luglio.
Innanzitutto, si ricostruisce l’incredibile vicenda della sparizione dell’agenda rossa di Borsellino, con lo sconcertante balletto delle versioni contrastanti offerte da uomini dello Stato per giustificare le loro mosse in quelle ore tragiche in via D’Amelio. Fino alla pilatesca sentenza del febbraio 2009 con cui la Corte di Cassazione proscioglie l’ufficiale dei carabinieri Giovanni Arcangioli dall’accusa di aver trafugato la borsa del giudice con il suo prezioso contenuto, “per non aver commesso il fatto”, nonostante vi siano immagini che mostrano al contrario lo stesso allontanarsi dallo scenario della strage con la borsa in mano.
E poi il depistaggio fornito dalle dichiarazioni di Vincenzo Scarantino, il picciotto della Guadagna, assurto a ruolo di spietato stragista per conto di Cosa Nostra che, a distanza di anni, verrà sbugiardato da un altro killer, quel Gaspare Spatuzza.
Si prosegue con il dettagliato quadro della trattativa – presunta un tempo, ma ormai certa – tra Cosa Nostra e pezzi deviati dello Stato. Uno scellerato patto che, più di ogni altra ragione plausibile, resta la causale principale dell’eliminazione di Borsellino che si sarebbe opposto con tutte le sue forze.
Si riportano poi le dichiarazioni di Nino Giuffrè, boss di Caccamo e poi collaboratore di giustizia, che insieme a quelle rese da altri fuoriusciti da Cosa Nostra ricostruiscono quegli anni convulsi del passaggio tra prima e seconda Repubblica, con la nascita controversa di un partito come Forza Italia e l’impegno politico in prima persona di Silvio Berlusconi.
Altre emozioni forti il libro le regala quando ci vengono offerte, in una rapida ma significativa carrellata, le testimonianze delle persone che hanno lavorato e che hanno amato Paolo Borsellino: ne emerge a tutto tondo lo spessore morale dell’uomo prima che l’indubbio valore professionale del magistrato.
Chiudono il libro una bella intervista a Manfredi Borsellino - «Mio padre mi ha insegnato prima di ogni altra cosa l’umiltà e la riservatezza» - e lo scambio di lettere tra Vincenzo Scarantino e la vedova del giudice, Agnese che invita l’uomo a rivelare quanto in sua conoscenza, una volta per tutte, vincendo ogni ritrosia.
In chiusura, non resta che fare nostre le parole che Antonio Ingroia, allievo del giudice ucciso, riporta nella prefazione al libro: «Non è il primo libro dedicato a Paolo Borsellino e non sarà l’ultimo. Almeno lo spero. Perché la copiosa letteratura che si è formata spontaneamente intorno alla sua vicenda umana e professionale testimonia il crescere di interesse per la figura di questo eroe moderno della nostra democrazia. Un vero modello di vita da proporre ai nostri giovani, davvero alternativo rispetto ai modelli devianti spesso imposti dall’imperante semplicismo mediatico, tutti imperniati sulla furbizia, la prevaricazione, l’indifferentismo etico e l’egoismo morale».

Tratto dal numero 68 della newsletter di liberainformazione, potete scaricare il file in formato pdf cliccando QUI


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