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giovedì 10 marzo 2011

Bordighera ultimo atto


Il Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro Maroni, ha sciolto il comune ligure per infiltrazioni mafiose; è il secondo caso di sempre nel Nord Italia.
di Stefano Fantino – 10 marzo 2011
Cala il sipario sulla giunta comunale di Bordighera.



La decisione arriva in mattinata quando il Consiglio dei Ministri, su proposta di Roberto Maroni, procede a decapitare il corpo politico del comune rivierasco, da quasi un anno sotto i riflettori, per infiltrazione mafiosa. Una motivazione oggi, una accusa ieri, che fa tremare le vene nei polsi a molti: parlare di propaggini della 'ndrangheta nel Ponente, più o meno note, è un conto; sciogliere un comune per infiltrazione mafiosa è ben altro. Eppure, seppur con la paura e l'ansia che potesse tutto risolversi in una bolla di sapone, il caso del mancato scioglimento del comune pontino di Fondi poco tempo fa ancora brucia, oggi si è arrivati a veder sciolto il secondo comune del Nord Italia. A sedici anni di distanza dal caso Bardonecchia, amena località sciistica del torinese, quando fu ugualmente azzerata la giunta. Solo qualche mese fa, ma il caso è completamente diverso, un'auto-sospensione della giunta di Desio, in Lombardia, aveva portato a un commissariamento ordinario. A Bordighera no. Per mesi nella sede comunale di Palazzo Garnier ha effettuato un accesso ispettivo una commissione prefettizia. E ora, finalmente, si è giunti a una decisione. Per almeno dodici mesi, come prevede la legge, un nucleo di commissari prefettizi guiderà il comune delle Palme. Poi, e saremo già nel 2012, si potrà andare alle urne.

Bordighera, un anno dopo.
In che modo Bordighera era infiltrata? Voto di scambio: voti in cambio di favori, agevolazioni, facilitazioni ad ottenere le licenze. Per capire questo iter amministrativo, che ha portato allo scioglimento, non si può prescindere da quanto accaduto lo scorso giugno. Era il 13 e una delle più vaste operazioni di polizia degli ultimi tempi nel Ponente ha portato ad eseguire ordinanze di custodia cautelare nei confronti della famiglia dei Pellegrino. Sfruttamento della prostituzione, minacce, estorsioni e pressioni indebite nei confronti dell'amministrazione comunale di Bordighera. Qui nasce il tutto: mentre il processo comincia a camminare dal punto di vista penale, un dossier dei Carabinieri arriva sulla scrivania di Francescopaolo Di Menna, prefetto di Imperia. A motivare la richiesta di una commissione di inchiesta ci sarebbero delicati appalti sospetti, in particolare legati al ripascimento delle spiagge locali e agli interventi successivi all'alluvione che aveva devastato le coste ponentine nel 2006. Lavori più o meno direttamente gestiti dalla ditta di movimento terra facente capo alla famiglia dei Pellegrino, la stessa che l'ordinanza della procura di Sanremo vedeva al centro di poco chiare visite di “cortesia” a membri del consiglio comunale, per avere chiarimenti sulle difficoltà nel ricevere una licenza per aprire una sala giochi.

Al punto che le minacce, più o meno velate, arrivano ai politici bordigotti. Donatella Albano, del Pd,  all'opposizione, che riceve tra le altre cose un santino di San Michele Arcangelo bruciacchiato.  Lo stesso che si usa nelle affiliazioni. Proprio lei che a quella licenza per la sala giochi si era opposta e che oggi, alla notizia, commenta:  «Sono amareggiata ma era prevedibile tutto questo. Si tratta comunque di un fatto grave per tutta la città».

E mentre la notizia del blitz che ha fermato i Pellegrino fa il giro della Liguria, i giorni passano e l'estate porta con sé la commissione di accesso:  il 4 agosto si insedia a palazzo Garnier il “trio” voluto dal prefetto:  il viceprefetto di Imperia Biagio De Girolamo, il viceprefetto aggiunto di Savona, Marco Di Giovanni, e il direttore amministrativo contabile della prefettura di Genova, Michele Sicuro.  Il lavoro, durato svariati mesi, si conclude con l'anno solare. La palla passa nelle mani del ministro dell'Interno Maroni che riceve dal prefetto Di Menna una relazione. La decisione viene prevista per fine febbraio, ma Maroni si riserva ancora qualche giorno per decidere, fino alla notizia di questa mattina che pone fine all'agonia di una giunta che, già in estate, aveva subito alcuni rimpasti da parte del sindaco Bosio, rimasto in carica e sicuro di uscire indenne dall'ispezione e ora trincerato dietro un duro “no comment”.

I Pellegrino, d'altronde, non sono nuovi a contatti con politici locali, nella fattispecie il sostegno dato all'onorevole Pdl Minasso, come dimostrato anche da alcune fotografie che li ritraggono abbracciati nel corso dei festeggiamenti per un successo elettorale. Un momento in cui erano «presenti 500 persone, c'era grande entusiasmo, si baciavano e abbracciavano tutti», aveva dichiarato Minasso, chiamato in causa,  ammettendo, però, di aver ricevuto degli aiuti ma sottolineando che «un conto è ottenere consensi elettorali, altro è il voto di scambio».


La mafia che “non c'é”.
Se il discorso amministrativo è chiuso, quello penale prosegue. Dopo le prime udienze, comincia a delinearsi il caso giudiziario che ha portato, per filiazione, al caso Bordighera. La famiglia Pellegrino è alla sbarra per un processo importante ma è già nota alle cronache. Come ribadiva l'ordinanza di custodia cautelare: Si badi che Giovanni ha riportato una condanna definitiva ad oltre 6 anni di reclusione per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, [...] Maurizio una condanna alla pena di otto mesi di reclusione per favoreggiamento della latitanza di tale Costagrande Carmelo, sottrattosi all'esecuzione di un ordine di carcerazione della Procura Generale di Reggio Calabria per una condanna definitiva in relazione al delitto dell'art. 416 bis c.p.; Roberto - già recidivo specifico - ha di recente riportato una condanna in primo grado alla pena di 2 anni di reclusione per illecita detenzione di armi”. Una famiglia, dice sempre l'ordinanza, “da anni indicata [...] come appartenente o comunque contigua alla 'Ndrangheta”. Un pedigree di tutto rispetto ma con un dato sintomatico di quella che é la situazione ligure: “Da anni indicata”, “che si crede legata”, questi sono i termini per descrivere una situazione criminale che da decenni è nota nelle sue macroarticolazioni ma che dovrebbe fare un salto di livello andando non solo a delineare la macrostruttura ma anche le articolazioni locali del potere delle 'ndrine. Da questo punto di vista il caso Bordighera potrebbe essere uno stimolo importante e ancora di più il fatto stesso di non averlo visto morire, sepolto e insabbiato in qualche modo. Quando si arrestano quattro giovani provenienti dalla Calabria con tanto di armi perché potevano progettare un omicidio, o due persone, padre e figlio, armi con matricola abrasa a disposizione, vengono fermati perché volevano progettare un attentato, qualche cosa non va. L'ultimo atto di Bordighera sarà uno spartiacque. Un'ultima fermata da cui, ci si augura, si possa partire con maggior vigore.

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