di Marco Letizia - 10 gennaio 2011
E’ una Sonia Alfano commossa ma allo stesso tempo determinata, sognatrice, ambiziosa, ma con i piedi piantati per terra quella che si è vista ieri sera alla commemorazione della morte del giornalista Beppe Alfano, suo padre, ucciso dalla mafia l’8 Gennaio del 1993, diciotto anni fa.
"Apparentemente potrebbe sembrare che non sia cambiato nulla, invece io credo che sia iniziato un percorso: forse è troppo presto per vedere i frutti del cambiamento, ma il tempo ci darà anche questi. E’ iniziato un percorso che qualcuno sperava non iniziasse mai. Chi osserva la realtà con occhio critico e attento si rende conto che qualcosa sta cambiando: è un movimento silenzioso ma concreto e determinato. Si vede quando si avvicinano i ragazzi, quando si avvicina la gente".
E’ vero, però, che qui a Barcellona c’è un clima di contrapposizione quando si parla di Beppe Alfano e di mafia.
"Si, e questo a causa dell’Amministrazione Comunale che ha sempre cercato di dividere in due la commemorazione della morte di mio padre. Non hanno mai avuto la delicatezza, almeno in questo giorno, di comportarsi in maniera civile. Il tentativo di appropriarsi di questa ricorrenza, addirittura ricordando la morte di mio padre un giorno prima (cioè il 7 gennaio), è il simbolo del loro modo di agire".
Secondo lei è possibile che, in questo contesto, occasioni come questa non vengano viste come mere ricorrenze e abbiano degli effetti politici positivi sul territorio?
"Vista come mera ricorrenza non lo è mai sicuramente, perché ogni volta che si avvicina l’8 Gennaio qualcuno, qui a Barcellona, non dico che comincia a tremare, ma sicuramente inizia ad avere subbugli interiori. D’altra parte c’è un segnale forte che si da soprattutto alle generazioni più giovani che impedisce che questa ricorrenza resti una mera ricorrenza. Diciamo che in un modo o nell’altro, questa occasione fa sempre discutere".
Cambiamo argomento. Oggi la parola crisi è sulla bocca di tutti e il sud ne soffre in modo particolare soprattutto a causa della politica di governo, viziata dalla presenza determinante della Lega Nord, che non investe sullo sviluppo del mezzogiorno: lei crede sia possibile, a queste condizioni, un riscatto del popolo siciliano e meridionale?
"Io credo che il riscatto del popolo siciliano debba partire da una presa di coscienza che deve culminare con una considerazione importantissima: noi dobbiamo smettere di pensare di essere necessariamente sudditi di qualcosa o di qualcuno. Il popolo siciliano purtroppo per svariati motivi è stato storicamente sempre suddito e si è sentito sempre suddito anche nelle sue voci più autorevoli, come ad esempio Verga. Bisogna fa capire ai ragazzi, alle generazioni più giovani, che certe cose, come può essere la crisi economica, la tendenza a sentirsi sub cultura rispetto al nord, il problema di Cosa Nostra, non ci devono interessare solo quando ci riguardano da vicino, personalmente, solo quando toccano i nostri problemi privati: questi sono problemi che riguardano tutti. Nel momento in cui la mafia uccide una persona, ha stroncato una vita più o meno scomoda ai propri affari, ma con quell’assassinio persegue l’obbiettivo di minare la democrazia e la libertà di quel territorio, per evitare che altri si mettano di mezzo".
Il suo partito è stato violentemente scosso dal caso Razzi-Scilipoti che hanno dato la fiducia a Silvio Berlusconi e sui quali si sono scoperte vicende poco trasparenti: secondo lei nell’IDV c’è una questione morale oppure una gestione errata di alcune candidature? Lei e De Magistris avete che scritto una lettera all’On Di Pietro a riguardo: è in qualche modo “responsabile”?
"No. Non c’è una questione morale, ma sicuramente c’è stata una leggerezza. Ovviamente questa leggerezza io non la posso assolutamente attribuire ad Antonio Di Pietro, ma alle persone che qui sul territorio hanno il compito di selezionare e proporre eventuali nominativi. Ma soprattutto c’è un problema che va affrontato: i partiti oggi perdono, più che mai, credibilità agli occhi dei cittadini, e la perdono perché sono considerati l’uno la fotocopia dell’altro, per il semplice motivo che i politici oggi tendono generalmente a curare i propri interessi. Quello che andrebbe cambiato è, invece, la considerazione generale del concetto di politica: la politica deve essere fatta dai cittadini e nell’interesse dei cittadini. Se non si riesce a cambiare questo elemento di fondo, noi continueremo a vedere una migrazione costante di politici da un ramo all’altro del parlamento e una perdita di fiducia crescente dei cittadini nei confronti della politica. Basta vedere i dati dell’astensionismo che aumentano tornata dopo tornata".
Un’ultima battuta: perché l’onorevole Scilipoti ha deciso di votare la fiducia al governo Berlusconi?
(Sorride) "Evidentemente avrà i suoi motivi … Guardi, io non ho mai nascosto la mia mancanza di fiducia nei confronti dell’On Scilipoti. Anche qualche mese fa, al congresso regionale Idv, abbiamo avuto discussioni molto forti su questo punto".
Lui ha detto che ha votato la fiducia per il futuro dei nostri figli.
"No, forse per i suoi figli per i suoi interessi. Io credo che l’esempio di Scilipoti sia l’esempio più eclatante di mala politica: se Scilipoti è diventato un deputato, veramente può farlo chiunque".
Tratto da: strill.it
ARTICOLI CORRELATI
- A Barcellona PG il commosso ricordo di Alfano esalta voglia di riscatto civile di tutta la Sicilia - di Marco Letizia
Nessun commento:
Posta un commento