Gli uomini del capitano Dario Ferrara, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura, con la supervisione del procuratore aggiunto Sandro Ausiello, hanno scoperto che i cinque fratelli Magnis, tutti arrestati insieme ad altre sette persone, avevano costituito un sodalizio criminale che, contemporaneamente, vessava imprenditori di diversi campi sul territorio della provincia e, allo stesso tempo, intratteneva legami con le famiglie Lo Piccolo di Palermo e Pelle-Gambazza di San Luca (Reggio Calabria). I reati contestati dal gip Sandra Recchione, che ha emesso i 12 ordini di custodia cautelare, sono di associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata all'estorsione, violenza privata, tentato omicidio, porto e detenzione abusiva di armi. Ieri sera il ministro dell'Interno Roberto Maroni si era complimentato con la procura e con l'Arma per il buon risultato dell'inchiesta. A finire in manette sono stati Salvatore Magnis, 55 anni, di Torino; Ottavio Magnis, 39 anni, di Nichelino; Francesco Magnis, 51 anni, di Settimo Torinese; Alessandro Magnis, 49 anni, di Settimo Torinese; Roberto Magnis, 41 anni, di Settimo Torinese; Angelo Quartararo, 56 anni, di Torino; Alfio Siracusa, 36 anni, di Avigliana; Stefano Postiglione, 25 anni, di Settimo Torinese; Michele Rubino, 51 anni, di Rivoli; Salvatore Ferrante, 29 anni, di Settimo Torinese; Gaetano Greco, 42 anni, di Settimo Torinese; Antonio Ruberto, 48 anni, di Volpiano. Sono stati arrestati tutti sul territorio della provincia di Torino, salvo Roberto Magnis, che è stato rintracciato ieri sera alla stazione ferroviaria di Palermo dai militari del locale comando provinciale. Nel corso delle operazioni sono state utilizzate anche alcune unità cinofile.
ANSA
Caselli: ''Evitate morti e salvate indagini''
14 dicembre 2010
Torino. L'operazione appena conclusa si segnala non solo per i risultati ottenuti, ma anche per avere saputo deviare il treno delle intimidazioni e delle violenze senza fermarlo, evitando delle morti ma senza compromettere l'esito complessivo delle indagini». Con queste parole il procuratore generale di Torino, Gian Carlo Caselli, ha commentato la conclusione dell'inchiesta che ha portato a sgominare una cellula mafiosa sul territorio provinciale. «In questa storia - ha aggiunto - ci sono tutti gli ingredienti classici dell'associazione mafiosa. Che la mafia sia presente al nord è un dato di fatto, ma in questo caso si dimostra come il rapporto con le organizzazioni di Calabria e Sicilia possa essere talvolta di collegamento e talvolta di conflitto». Apprezzamento per il lavoro svolto dall'Arma è stato espresso anche da Antonio De Vita, comandante provinciale dei carabinieri: «I militari della compagnia di Chivasso - ha detto - hanno saputo evitare due omicidi in fase esecutiva senza che le indagini ne fossero inficiate».
ANSA
Insieme a Cosa Nostra, una lunga scia di sangue, due tentati omicidi
14 dicembre 2010
Torino. I fratelli Magnis avrebbero ucciso almeno due persone se non fossero stati fermati dai carabinieri, che hanno fatto apparire le operazioni come controlli a campione al fine di proseguire le indagini sulla cellula mafiosa sgominata nel torinese. Una terza persona si è salvata per miracolo da un attentato, così come uno degli stessi Magnis. Dal quadro investigativo emerge come, mentre i rapporti dei torinesi con la cosca siciliana si erano rafforzati, con pizzini trasmessi dal boss Salvatore Lo Piccolo a Ottavio Magnis per un caso di estorsione al Bingo di Moncalieri, quelli con i calabresi erano diventati conflittuali. Le indagini sono partite dopo che, il 13 marzo 2009, una bomba era stata fatta esplodere sotto la Fiat Stilo di Alessandro Magnis, a Settimo: questo episodio intimidatorio resta attualmente senza un mandante anche se i sospetti sulla 'ndrangheta restano forti. Le tensioni tra torinesi e calabresi aumentarono a causa dei videopoker truccati che il clan imponeva a diversi locali della provincia. A seguito di un diverbio per un debito accumulato, alle macchinette e alla sua ribellione, i Magnis hanno programmato l'uccisione di Gaetano Greco, prevista il 23 settembre 2009. Quella sera Alessandro Magnis fu fermato in un posto di blocco a Settimo e fu trovato con una pistola calibro 38 pronta a sparare. L'8 ottobre 2009, invece, Francesco Magnis fu stato raggiunto da tre colpi di arma da fuoco sparati a bruciapelo alla testa e a una spalla mentre stava rincasando, sempre a Settimo: si salvò perchè non si era tolto il casco. Dopo questo episodio i Magnis pianificarono l'omicidio di Ignazio Turiaco, che pensavano fosse coinvolto nell'agguato verso loro fratello e nell'attentato indimidatorio di marzo. Dovettero fermarsi quando i carabinieri scoprirono il deposito di armi a Settimo, arrestando Roberto Magnis, che ne era il custode. Infine, gli investigatori hanno raccolto prove inconfutabili della partecipazione di Francesco Magnis al tentato omicidio di Ruggero Danese, 56 anni, legato alle cosche calabresi, avvenuto con tre colpi di arma da fuoco sparati il 31 marzo di quest'anno davanti alla sua abitazione nel quartiere Mirafiori a Torino.
ANSA
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