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sabato 19 febbraio 2011

''De Mauro ucciso su ordine del signor Riina''



Sentito al processo il neo pentito Rosario Naimodi Aaron Pettinari - 18 febbraio 2011Questa mattina, innanzi alla Corte d’assise di Palermo, è stato sentito come teste assistito, per la prima volta in un'aula di giustizia, il pentito Rosario Naimo (arrestato nell'ottobre 2010). L'occasione l'ha data il processo per il sequestro e l’omicidio del cronista del quotidiano “L'Ora” Mauro De Mauro.

Per il delitto è imputato il boss Totò Riina il quale viene accusato dall' ex boss di aver ordinato il sequestro del giornalista. La sua è una descrizione dettagliata di quel che avvenne in quella sera del 16 settembre 1970 basata su quanto a lui rivelato dal mafioso Emanuele D'Agostino, appartenente alla famiglia di Stefano Bontade e incaricato del rapimento. “Quando nel 1972 tornai dagli Stati Uniti a Palermo – ha raccontato Naimo rispondendo alle domande del pm De Montis - chiamai al telefono Emanuele D'Agostino e lui mi raggiunse subito in un appartamento a Ballarò, dicendomi per prima cosa che lo avevano affiliato. Era euforico e incominciò a raccontarmi subito un sacco di cose. Voleva fare bella figura con me per dimostrarmi che anche lui era diventato un mafioso e che era diventato importante. Prima mi raccontò tutto sulla strage di viale Lazio, poi mi disse come fu ucciso Michele Cavataio e infine mi disse 'la sai quella del giornalista De Mauro, hai sentito che è successo?' ma io negli Stati Uniti non avevo ancora sentito cosa fosse accaduto. Così mi raccontò che De Mauro fu preso e ucciso su ordine dello 'zio Totuccio', cioè Totò Riina”.
Quindi ha proseguito nel racconto degli ultimi istanti di vita del giornalista: “D'Agostino lo vide arrivare in auto, aprì lo sportello e non gli diede tempo di scappare. Lo colpì al viso col calcio della pistola e, insieme al ragazzo che lo aiutava nella missione, lo mise nel sedile dietro della loro macchina. D’Agostino, proprio per farmi capire che ruolo aveva assunto in Cosa nostra, mi raccontava di De Mauro come fosse una cosa di cui vantarsi. De Mauro dopo essere stato colpito era stonato e pieno di sangue. Mentre il ragazzino guidava, D’Agostino gli puntava la pistola per non farlo parlare. Fingeva di averlo confuso con un altro, lo chiamava con altro nome e gli diceva che l’aveva preso perché aveva dato fastidio alla sorella”. “Poi – ha continuato - quando arrivarono in un terreno dei Madonia lo fecero scendere e lì c’era Riina. A quel punto gli dissero ‘caro De Mauro’ svelando che sapevano benissimo chi avevano rapito e subito lo uccisero forse sparandogli”. D’Agostino avrebbe detto a Naimo che fecero sparire il corpo. Il pentito non ricorda se l’amico gli disse che l’avevano buttato in un pozzo o meno. Naimo ha quindi voluto ribadire che l’ordine di rapire De Mauro era partito da Riina ma che erano d’accordo anche i boss Ciccio Madonia e Stefano Bontade. Sul motivo per cui De Mauro venne ucciso Naimo ha detto: “D’Agostino mi disse che avevano ammazzato De Mauro perché attaccava sempre la mafia nei suoi articoli”.
Quindi il collaboratore di giustizia ha raccontato anche di altri delitti. “Della strage di viale Lazio (avvenuta nel ‘69 per eliminare il boss Michele Cavataio ndr) – ha aggiunto Naimo – D’Agostino mi disse che parteciparono il signor Riina, Provenzano, Calogero Bagarella e altri due o tre”. “Bagarella – ha proseguito – morì nel conflitto. Il suo corpo durante la fuga del commando fu messo nel cofano di un’auto che poi in corsa si aprì”. “Dietro – ha raccontato – c’era un bus e l’autista e anche alcuni passanti videro il corpo di Bagarella. Poi il cadavere fu portato in un terreno del boss Madonia”. “D’Agostino poi fu ucciso perché nella seconda guerra di mafia non si allineò coi corleonesi. Lo tradì un suo fraterno amico: Saro Riccobono. Me lo disse Gambino”. “Mi disse – ha spiegato – che mentre lo strangolava D’Agostino disse a Riccobono: 'solo tu mi potevi tradire’”.
Naimo ha quindi raccontato della propria permanenza negli Usa e i suoi rapporti con le famiglie mafiose siciliane che erano negli Stati Uniti. “Non ho mai perso i contatti con l'Italia ad esempio con Giuseppe Buffa e Giacomo Gambino o con il 'signor' Riina”.

Pentimento
“Già nel 1993 Cosa nostra mi aveva fatto schifo, ero molto deluso e lo dissi anche a Giovambattista Ferrante quando lasciai Palermo e mi accompagnò in Corsica. Ero deluso perchè quando mi affiliarono la prima cosa che facemmo era stata quella di comprare una mucca ad un poveretto a cui era morta. Noi invece eravamo terroristi, è stato tutto questo terrorismo a farmi schifo. Era da tempo che volevo collaborare, poi ebbi l'occasione e l'ho fatto consapevole di quello che facevo». Il neo pentito di mafia Rosario Naimo ha raccontato  con queste parole i motivi che lo hanno spinto, subito dopo l'arresto dopo una lunga latitanza, a collaborare con la giustizia. Rispondendo alle domande Naimo ha ricordato che “dall'89 al '93 sono stato latitante a Palermo, nel '93 lasciai Palermo e da allora mi sono totalmente distaccato da Cosa nostra e non ho più avuto contatti con la mafia. Lo dissi nel '93 proprio a Giovambattista Ferrante (anch'egli poi pentito ndr). Gli dissi che non mi piacevano più i modi di tutto quello che facevano e lui, con le lacrime agli occhi, mi rispose 'e lo dici a me?'. Io gli risposi 'se tuo padre fosse qui, mi darebbe ragione e direbbe che non era questa Cosa nostra quando eravamo entrati”.
Successivamente Naimo è stato controesaminato dai legali di Riina, gli avvocati Luca Cianferoni e Giovanni Anania, quest'ultimo nominato oggi dal capomafia.
Naimo ha così fornito alcune precisazioni e raccontando anche che, negli anni '70, a Milano parlò col boss Luciano Liggio, col capomafia Domenico Coppola e col fratello di questi, il prete mafioso Agostino, del golpe Borghese. “Se ne parlò vagamente - ha detto - come di una specie di rivoluzione”. Del fallito golpe il pentito ha ampiamente riferito anche nei verbali di interrogatorio resi ai pm di Palermo.
Prima di ascoltare la testimonianza di Naimo la Corte ha sentito Guerrino Citton, giornalista che scrisse un libro- intervista con l'ex senatore dc Graziano Verzotto che incontrò De Mauro due giorni prima che questi venisse sequestrato, il 16 settembre del 1970. “Verzotto mi disse - ha spiegato Citton - che De Mauro lo aveva voluto vedere per degli articoli che doveva scrivere sull'Ente Minerario Siciliano”.
Al termine dell'udienza di oggi il presidente Trizzino ha dichiarato la chiusura dell'istruttoria dibattimentale invitando il pm Sergio De Montis a iniziare nella prossima udienza, fissata per il 4 marzo, la discussione.


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