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martedì 8 marzo 2011

Spatuzza: ''Il 41 bis ce lo siamo costruito noi''



8 marzo 2011
Roma.
«Il carcere duro me lo sono costruito io. Il 41-bis lo abbiamo costruito noi, la 'famiglià di Brancaccio. E ora ce lo piangiamo».
È uno dei drammatici passaggi della deposizione del pentito Gaspare Spatuzza sottoposto, oggi, a confronto con il capomafia Giuseppe Graviano nell'ambito del processo per il sequestro e l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del collaboratore di giustizia ucciso dopo 779 giorni di prigionia dalla mafia. Al termine di un tesissimo faccia a faccia col boss di Brancaccio Spatuzza, suo ex braccio destro, ha detto alla Corte, anche rispondendo alle accuse di Francesco Giuliano, uno degli imputati per il delitto Di Matteo, di non avere paura del carcere. «Io non ho chiesto benefici - ha spiegato - ma quando potrò avere permessi, non è detto che ci rinuncerò. La sorte mi ha dato la possibilità di riacchiappare la vita». «Questo non significa - ha aggiunto - che farò il turista. Passerò la vita tra un carcere e l'altro». Spatuzza ha poi addossato la responsabilità dell'istituzione del regime carcerario duro sulla famiglia di Brancaccio, da sempre vicina all'ala stragista di Cosa Nostra. Al termine del confronto Francesco Giuliano, che avrebbe fatto parte del commando di sequestratori del bambino, ha fatto dichiarazioni spontanee, in videoconferenza, dal carcere in cui è detenuto al 41-bis. «Io - ha detto - sto al carcere duro da 14 anni, non da tre come questo miserabile di Spatuzza». Sebbene più volte interrotto dal presidente della Corte d'Assise, Alfredo Montalto, Giuliano ha insultato il collaboratore di giustizia accusandolo «di vendersi le persone» quindi di essere un traditore. L'udienza è stata rinviata al 7 aprile per l'esame di due testimoni.

ANSA


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